INDICE La Speranza |
SOLITUDINE
Solo pensando nella notte fonda
a certe cose che il cuor nutriva,
mi sento invaso da riflussi d'onda
come una barca rotta alla deriva.
Tutto l'intorno dorme nella pace,
mentre il mio cuore colmo di trìstezza
niente egli trova che gli si compiace,
resta lontano dalla contentezza.
Dolce fanciulla come io ti amo!
Sei così bella e t'amerò ancora,
sempre te sola io sospiro e bramo,
sei bella e bionda come l'aurora.
Povero cuor!Come gli voglio bene!
Sento che batte forte e poi si accascia
e farlo uscir non posso dalle pene,
perchè il dolore mai non lo lascia.
Vedo la ombra mia che barcolla
sotto il riflesso della chiara luna,
sotto le stelle che le fan corolla,
sopra la terra dalla faccia bruna.
Sopra la terra che mi parla e dice:
"vivrai sempre col tuo perduto amor."
E questo è quello che mi fa infelice
assieme al povero sconsolato cuor.
1944
indice
IL CONTADINO
Zappa e lavora,lavora e zappa,
quad'e' la sera chi sa se strappa
un tozzo scuro tutto indurito
che il suo sapore sa d'ammuffito.
Zappa e lavora da mane a sera,
pensa al domani ma e' 'na chimera,
forse non pensa al detto infame:
"zappa e lavora morto di fame".
Sta sempre curvo sopra l'arnese,
parla da solo e pensa alle spese
che serviranno per la famiglia
che dorme ancora sopra la paglia,
pensa alla casa,baracca vecchia,
che non e' casa,ma catapecchia,
pensa ai suoi figli che non han pane
e dir li sente:papa' abbiam fame!
Oh!Se sapeste che strazio atroce
sentir parlare l'infante voce.
Solo a sentirla mette pieta',
il padre soffre e niente puo' far.
Guarda la mano tutta incallita,
pensa alla casa piu' impoverita.
Dice stremato:che debbo far!?
Da mane a sera sto qui a zappar!
Pel contadino non e' mai festa
pensierí cupi ha sempre in testa.
Solo il lavoro sempre lo invita
per lui soltanto quest'e' la vita.
Con tutto questo poi vien chiamato:
rozzo, ìgoronte,cafone nato.
Ma non e' vero, si sa perché,
sol chi lavora nobile é.
1945
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L'ACQUAZZONE
Nuvole dense e oscure
vagano nel bel cielo
calcansi poi più nere
Creando un fitto velo.
Coperto han tutto intorno
il sole e la campagna,
volan gli uccelli a stormo
e il gracchiator si lagna.
Lassù vicino al monte
un grlgior s'è calato,
il tuon lontan si sente,
il tempo s'è sfasciato.
Ed ecco che s'avanza
dal monte viene al piano,
cammina a gran cadenza
coi suo rumore strano.
Un formidabil vento
presenta l'acquazzone
che a tutti fa spavento
e dir fa l'orazione
Il turbine è arrivato
col suo scrosciar pauroso.
II gregge ha già sbandato
se pur è pazientoso.
Serpeggia il lampo l'aria,
fracasso fa il tuono,
però il tempo varia
per restaurarsi in buono.
1946
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NATALE
Dorme il pastore col suo armento,
mentre una stella dal firmamento,
si stacca a guisa di scia lucente,
ai cuor d'amore un fuoco accende.
S'alza il pastore,ma sbigottito,
tutto tremante, impaurito,
teme che stesse bruciando il cielo
con questo rosso ardente velo.
Guarda l'ovile guarda la stella
ch'ora si posa su d'una stalla
ma un'armo i,a rompe il mistero,
d'intoranno il vero.
E' ancor più gaia qull'armonìa
s'ode e annuncia il gran Messia:
Correte tutti é nato ed é
il re più grande dei grandi Re.
Vanno i pastori,vanno i re magi,
portano doni,se pur son saggi,
al Bambinello umile e pio
che sulla paglia é il suo natìo.
Oh!Com'é bella questa sua culla!
semplice paglia e poi più nulla,
eppure sembra 'sì bella ornata,
perché di luce tutta é irradiata.
L'inverno é freddo,col Bambinello
stanno un bel bue e un asinello,
e lì bocconi col loro fiato
stanno scaldando il Neonato.
Curvo Giuseppe sul suo bastone
guarda il fancìullo con devozione,
Maria Divìna "pallida affranta"
guarda suo Figlio ch'é Luce Santa.
Quel Trio Divino emana incanto,
mentre dal coro s'innalza un canto.
Cala la neve,ma l'nno sale:
ecco Natale,ecco Natale.
Natale 1946
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ALICANDRO INNAMORATO
E' bella come il sole del mattino,
ha il viso profumato di purezza,
lo sguardo sorridente ed è carino
il suo sorriso pìeno di dolcezza.
Soffre il mio cuore e gode nel dolore
vedendo 'na bellezza 'sì divina,
ma il grande,il puro,il santo amore
niente sa dire alla mia dolce Bina.
E l'amo tanto,disse più pensoso,
sempre il suo nome io sospiro e bramo.
Poi si fermò e disse quasi iroso:
come io devo far per dirle,t'amo?
Un santo , un puro amore, gli dissi io,
sepolto,no,non deve rimanere!
Tenta Alicandro che t'aiuta Iddio;
abbia fiducia in lui e non temere.
Ed ora a te leggiadra ispiratrice
d'un sì amor ardente e appassionato,
il mio parlare a te si volge e dice:
porta la pace a un cuoir tormentato,
porta la pace a un cuor che molto teme
di ritrovarsi solo e angoscioso
e con l'orrenda fine della speme,
dov'è tristezza senza più riposo.
Giorni passaron sempre in mal'umore
per l'Alicandro allegro d'una volta.
Quel dolce male gli rodeva il cuore
facendo dubbi strani una raccolta.
Ma un giorno lo rividi come prima,
col viso come chi gioir si sente.
Non esitai allor nel far 'sta rima
che nacque dal mio cuor spontaneamente.
Dopo l'inverno vien la prìmavera?
dopo il tuonar il sole più riluce,
dopo il tramonto vien la dolce sera,
lungo soffrire pace riconduce.
"Lungo soffrire vita rinnovella"
egli rispose con visibil brio.
"Ed or con face luminosa e bella
faccio il cammin che m'ha tracciato Dio.
Se tu sapessi,cara sua bambina,
come mi parla del suo primo amore,
parla e ripete spesso il nome Bina
come baciasse il più bel bianco fiore.
1947
indice
L'ETERNA CAPITALE
Nacque nel mondo la più bella data,
così comincia a lettre di cristallo:
Roma ventuno april l'Eterna nata.
Il sette colli fe' da piedistallo,
segno di civiltà d'eterna vita
e l'inondava un sole d'oro giallo.
Dall'alto maestosa fece gita
col guardo e vide tutto il mondo intero,
e vide poi la terra più smarrita.
S'armò allor coll'animo più fiero,
chiamò le genti tutte al proprio nido.
"Vogliam uniti noi crear l'Impero?"
Si,risposer tutti in un sol grido:
Tu sei per noi il più lucente sole,
sarem con Te,tu sei il nostro mito.
" Ed io son madre a 'si civile prole,
ed io son madre alla più bella terra!
Ed or sentite queste mie parole:
Volete voi venir con me alla guerra?
Volete i ferri tutti illucidire?
Volete voi del mondo far 'na serra?
Siam pronti tutti noi con Te a brandir,
vogliam che tutto il mondo sia romano
e che Tu sol lo devi tutt'unir.
E l'aquila che Roma avea in mano
volar la fece pel sereno cielo,
poi la guardò e disse: " va lontano,
lontan lontano,se pure qualche velo
coprisse e offuscasse il tuo cammino;
sfidalo come il sole sfida il gelo!"
E sotto l'ali dell`uccel divino,
i figli del più nobil sangue vero
fecero a Roma, il gran più bel destino.
E così fu che il mondo tutt'intero
servì la nostra bella gran Vestale,
la nostra Roma dallo sguardo fiero.
La bella santa Eterna Capitale
di questa terra che fu poi chiamata:
il bel giardino a forma di stivale.
Italia. nostra,bella,Patria amata,
terra. d'eterno sol di primavera.
La vedon tutti come in una fata.
Come pei Proci un dì Penelop'era
così è Italia,per tutti è grande amore,
come pel lago la luna a tarda sera.
Questa è la Grande eterna Roma,
che nel dolor più bella ricompare,
ch'egual col dolce sguardo tutto doma.
1947
LA NEVE
Sveglio al tocco dell' AVEMMARIA
pare di fuori tutto sia diverso,
nessuno s'ode passar per la via
solo una voce parla in questo verso:
Oh!quanta neve calata è stamani!
Tutto l'intorno dorme in un biancore
ed i sentieri sono tutti piani,
le piante tutte ornate con amore.
M'alzo e vedo una magnificenza,
tutto è bianco come l'alma santa,
la neve cala lenta e con pazienza
e ancor di più le cose brune ammanta.
Come ombre scure sopra il bel tetto
stanno i comignoli dritti impalati
e hanno in testa un cappuccetto
un pò più scuri già affumucati.
E un uccellino vola senza posa
tra i rami bianchi come tutti in fiore,
guarda la neve che pian pian si posa,
tutto tremante pare che si muore.
Povero uccellin com'è scontento!
ma con 'no sforzo poi cinquetta e chiassa,
sogna la primavera ed è contento,
solo pensando che pur questo passa.
Volano ancor per l'aria irrigidita
le farfallette calme e tutte bianche
e alcun di lor finiscono la gita
sulle modeste pittoresche panche.
S'alza il piccino dal suo caldo letto
da dentro guarda il bel copioso manto,
spinge lo sguardo e vede con diletto
tutto coperto col soave incanto.
Porge il nasino sopra i vetri e dice:
oh com'è bella! Come scende lieve!
E poi più gaio con amor ridice:
ecco la nostra fata BIANCANEVE.
ALLA NASCITA D'IGINIO
Nacque l'amore con poche parole,
quasi all'istante venne il Santo Rito,
puntualmente venne a voi la prole
a rallegrare il vostro caro nido.
Più non è tempo adesso di scherzare,
son cose serie,siete genitori!
Dovete solo a lui ora pensare
donando tutto col più caro amore.
Siate orgogliosi,ma voi già lo siete,
del grande amor che il ciel v'ha regalato,
perchè sì grande è il dono che avete,
perchè compiuto è giunto a voi il fato.
Par che già ride il vostro pargoletto
alza lo sgurdo e tutto vede intorno,
tende le braccia con innato affetto,
tutto giulivo del suo lieto giorno.
Oh! Com'è bello! E' vero Minicuccio?
Vederlo stretto in braccia della mamma
stringer nel petto il proprio tesoruccio
che va pappando al mondo della nanna.
Dovete a lui una bella culla fare
tutt'ornata di nastrini e fiori,
così diventa dolce il suo sognare,
così rallegra i propri genitori.
Così il mio augurio sarà vero,
così sarà il mondo tutto vostro.
Di nuovo il mio augurio,il più sincero
è quello che vi aiuti il Padre Nostro.
3.11.1947
indice
A UNA GIOVINETTA COLTA DA MAL SOTTILE
Fior quasi in boccio,di rara bellezza
par che appassisce al nascer del sole,
che nel mattino fra tanta freschezza
era il più bello di tutte le aiuole.
Eppure sembrava lo stelo sì forte,
pur se vicino era il giorno che nacque,
che non facea pensare a sì mal sorte,
però,così purtroppo al fato piacque.
Un morbo iniquo che mai perdonò
se ne invaghi di quella bellezza,
senza esitare con mano avvìnghiò
il più bel giglio della purezza.
Stroncata gioventù che dalla soglia
entrava in un mondo che le sorridea,
ma già vedeva lì la propria spoglia
della fanciullità che le diceva:
Addio per sempre alba della vita,
addio rìcordi dell'infante cuore,
addio per sempre breve mia sortita,
io non conoscerò il mio primo amore;
addio o mio futuro inesistente,
mi avresti tu aiutato?Chi lo sa!
a far tradurre i sogni dolcemente
in una cara ambita realtà?
Sto navigando in un silente fiume
sopra una barca dove tutto tace,
che dondolando tra le folte brume
vado a sbarcare nell'eterna Pace.
1947
indice
GARIBALDI CONTRO IL SUO EMBLEMA
"Non paventar!
che se qualcuno segnarmi vuoI la fronte
ferma gli dico,se non vuoi il tuo male,
non ti ricordi che m'han fatto fronte?
Vota lo SCUDO e salva lo stivale."
E lo stivale il popolo ha salvato
da quell'iniquo rosso comunismo
votando per lo scudo ch'è crociato,
cader l'ha fatto in pieno mutolismo.
Non s'odon più le grida del nefasto
che ripetea con feroce voce:
"abbasso i preti,abbasso il Cristo casto,
non più la chiesa,abbasso la sua Croce."
E i figli che cantavan tutti in coro:
"Rivoluzione noi vogliamo fare"
con quel vessillo che spaventa il toro
la verità volean dileguare.
Con le parole di quel Wladimiro (1)
che un bel dì scriveva sull'Avanti:
"avanti comunisti che I'empìro
già trema di paura con i santi."
Con quelle di quel turpe miscredente
ch'ha beffeggiato il nostro Protettore
con la blasfema bocca puzzolente
ha osato nominar nostro Signore.
Con la preghiera ironica e bugiarda
si rivolgeva al buon Gesù Divino
e con ipocrisia così fingarda
pregava contro il prete di Cialino.
Iddio non ha accettato il suo pregare
che con sogghigno sempre ripeteva:
"fa che risulti il Fronte Popolare!"
E poi per i suoi compagni lo scriveva.
Scrutò con occhio torvo l'orizzonte
il pravo bellimbusto comunista,
ma di sudor gli si bagnò la fronte
e un raggio lustro gli abbagliò la vista.
E tosto l'alba si cangiò in tramonto
per egli pei compagni e per Stalino,
mentre per noi quel raggio fu fecondo.
Ed or l'Italia luce nel cammino.
E gli ricordò ancor che quel Sandrino (2)
non è sconfitto è solo vincitore,
è stato ed è il più degno cittadino,
non un ingrato e falso conduttore.
Ed or noi tutti ricantiam vittoria,
l'Italia ci sorride e ci ringrazia
d'averla cinta di più bella gloria,
d'averle allontanata la disgrazia.
1948
PER I COMUNISTI ITALIANI
II comunismo non é altro che
'na setta che vuoI battere la pace,
e terrorizza il mondo sol perché
vuoI ergersi com'aquila rapace.
Sotto la dittatrice stella rossa
esso si fa più crudo e audace
e con la violenza e la somossa
rovescia i buon governi in buone mani
ed entra nel poter con brusca mossa.
Promette pane e vino pel domani
ai figli suoi,poveri disgraziati!
Perché ignari dei suoi loschi piani.
I piani son che tutti i figli nati
li devi assoggettare alla straniera
terra che i figli nostri n'ha lasciati.
Quei figli che partiron con la spera
di ritornare nel paesel natìo
per riabbracciare ancor la lor Bandiera.
Tutto gli fu negato,anche il desìo
di scrivere alla mamma desolata
ch'ancora oggi prega il Santo Dio,
ch'ancora oggi, piange sconsolata
pensando al caro figlio ch'ancor vivo,
ma privo della cara libertà.
Ed ascoltate ancora l'allusive
parole che l'ipocrita vi detta?
Ma non sentite che son punitive?
Perché non vi staccate dalla stretta?
O con le grinfie esso v'ha legati
per farvi componenti della setta?
Svegliatevi o figli sfortunati,
tagliate l'unghie che é giunta l'ora,
Senza paura e di coraggio armati,
svegliatevi che é sorta l'aurora,
é chiaro il giorno e non vi son le brume,
ma é primavera e tutto si rinfiora.
II sole vi sarà d'eterno lume,
la via più bella ei v'insegnerà
sicura come al mare arriva il fiume.
Non esitate!Che la verità
a voi ridona il gran più bel destino
e vi ridona ancor la LIBERTA'.
Elezioni politiche del 1948
SALVE ITALIA
Salve o ITALIA grande,
o nobile del mondo.
Ampia hai tu la fronte,
dei vati sei la fonte,
in mezzo a te é la casta
su sette colli é posta
Roma la capitale
Eterna città fatale.
II ciel sereno limpido,
il trio mar ti circonda,
il sole più splendente
l'alpi che ti difende.
Iddio ti fece bella,
del mar ti fé la stella,
ti fé' del mondo o ITALIA
di civiltà la balia.
Salve o ITALIA nostra
del mondo sei maestra,
per tutti sei malia
o ITALIA,o poesia!
Sei tu l'orgoglio mio
ed io ringrazio Iddio
d'avermi qui creato
in questo loco amato.
4.8.1948
indice
ALLE NOZZE DI OTERA E FELICE
Cantar vorrei le note del successo
ma non son vate,io ve lo confesso.
Però il cor m'incìta di parlare,
voi siate buoni,vogliatemi ascoltare.
Come per voi fu bello quella sera!
Tutto svanì,fiorì la primavera,
come d'incanto e pieno di vigore
fiorì per voi più bello ancor l'amore.
Là nel viale,nell'umana aiuola
nessun vedesti meno che lei sola,
tutto s'immerse nel più grande idillio,
scegliesti allor il più bel bianco giglio.
Fu allor più bello il tratto del cammino,
venne la fata e vi portò in giardino
vedeste lì piantato il più bel fior,
diceste insiem:cogliamolo è l'amore.
E l'amore fu e fu l'amore vero,
l'amore grande,l'amore più sincero.
Senza illusioni tutto s'è avverato
che il giorno d'oggi Iddio v'ha regalato.
II giorno d'oggi ch'è per voi il più bello.
Oggi è la festa del nuziale anello,
oggi è il più grande,il più santo Rito:
Questa è tua moglie e questo è tuo marito.
Oggi qui sembra tutto rinnovato,
tutto è più bello,tutto s'è cambiato.
guardando voi s'ode un'armonia
che si disperde nella poesia.
Oh! Si papà ed i cari nostri
lassù han pregato il DIVIN MAESTRO
per qui vederti,oggi o mia sorella,
di quel candor vestita tutta bella.
Quì loro stanno,quì in mezzo a noi,
ridendo stanno e rallegransi di voi
è in voi che vedono il più bel quadro inciso
e se lo portano nel bel Paradiso.
Dolce è per voi vedere queste cose
nel dì che fa sognare tante rose,
nel dì che parla col nuovo linguaggio
e che v'irrora i cuor del sole il raggio.
Da oggi in voi esiste un sol cognome
e vi auguriam di viver nel bel nome,
si nel tuo nome è una gran bella cosa
viver insieme "FELICE" sposo e sposa.
Viver insieme nel pudico affetto
e col timor di Dio dentro al petto,
vivere insieme nel pensiero pio.
Eternamente è l'augurio mio.
15.10 1948
indice
E' PRIMAVERA
Canta l'uccello sulla verde cima
spinge lo sguardo e intorno tutto verde,
vede il più bello e tutto ciò che rima,
guarda il creato ed il passato cede.
Ecco che avanza la bella primavera
e sempre un sogno quasi una chimera,
ma tutto è gaio,tutto s'è cambiato.
E' primavera il verno se n'è andato.
S'ode il ruscello di cambiar linguaggio
e corre allegro non è più selvaggio,
anzi al suo greto sboccia la viola
che il suo profumo è degno d'una aiuola.
Come d'incanto il mandorlo è fiorito,
tutto rinasce il prato s'è inverdito,
l'agnella pasce ai piè della montagna
e il contadino allegro va in campagna.
II cielo azzurro,l'aria mite e bella
richiama a se la dolce rondinella
che stanca torna nell'ameno lido
a ritrovar il suo bel vecchio nido.
Ecco che viene il giovanetto aprile
e sparge intorno un roseo odor gentile,
viene ovunque e porta l'armonia
e sparge ancor ovunque poesia.
Canta or l'uccello tra il verde cespiglio (1)
mandando a Dio il suo ringraziamento
d'aver creato un sì festoso idillio,
di primavera e del bel mutamento.
(1) Cespuglio
L'AURORA
Muore la notte e nasce il bel mattino
tra l'ombra e l'olezzar della frescura
che scuoter fa l'esile uccellino
dal sonno e canta lode alla natura.
D'un rosso-oro a pittoresco sfondo
lì a levante il cielo si colora,
ed or si sfuma in arabesco biondo.
E' I'auror che s'alza di buon'ora.
Emerge il sole tutto sfavillante
e i monti indora e il più alto colle,
pian pian s'innalza ancor più abbagliante,
scende il pendìo ad carezzar la valle.
Or tutto vive nella viva luce,
s'ode nell'aria un ritmar diverso,
canta il poeta con più chiara voce
l'inno più dolce col più sciolto verso.
Tutto è incanto al nascere del sole.
Ride il creato: i fiori,la campagna,
la terra offre,emana incenso al cielo,
tutt'è ameno e niente più si lagna.
S'ode il ruscel che nella notte scura
par che paura avea d'andar solo,
mentr'or contento corre alla ventura
giocando a nascondello con il sole.
E già si vede l'uomo mattiniero
che in campagna va tutto festante,
godendo compra con lo sguardo fiero
la poesia che nasce nell'istante.
indice
AUTORITRATTO
Oh! com'é brutto quel giovanotto!
Quando cammina sembra un fagotto!
Basso tarchiato,
quasi sgobbato.
curvo in avanti, piatti un po' i piedi,
seder sporgente ... ma se lo vedi!
Basso,arruffato,
va spettinato.
Sono arrivato vicino al brutto,
l'ho salutato,l'ho visto tutto,
sembra imbronciato
ma no sgarbato.
Quadrato ha il viso,il collo corto,
di tascio il muso,il naso storto
e un occhio schiso,
sbieco, impreciso.
Sol qualche volta mogio egli va,
mentre poi sempre allegro stà.
Andargli insieme
ti fa piacer
sembra più scimmia
che scimpanzé.
Chi é costui 'sì malformato
basso,tarchiato, quasi sgobbato?
Lei mi guarda
dall'alto in giù
dice poi seria:
SEI PROPRIO TU!
1 °gennaio1949
indice
CONSOLAZIONE
Tutto solingo e triste m'incammino
per meditare tante e tante cose
e tutto vedo,niente mi è vicino,
vedo le spine aguzze senza rose.
Odo un bel canto,ma non vedo il coro,
odo parlare,ma l'intorno tace.
Parla il creato in un sorriso d'oro,
dall'alto il sole brilla più vivace.
E il suo riflesso tutto ha colorato,
di questi bei colori io m'innamoro
sembra un giardino bello e profumato,
ma uguale triste il mio cammin divoro.
Ahi!Quante cose il mio pensiero ingoia
e rattristare fa quest'armonia,
lo spirito allontana dalla gioia
e subentrar fa la malinconia.
E poi mi fermo,ma il pensier cammina
ancor di più del giorno già passato.
Tra ombre oscure par che s'avvicina,
ma fermasi di colpo trasognato.
Così si cheta quasi nell'oblìo....
Lesto si desta come in un baleno
che ridestar fa pure il petto mio
facendomi gustare un bel sereno.
Guarda laggiù laggiù lontan lontano,
mi dice:ansante,allegra e sorridente
qualcun s'avanza,con i fiori in mano,
corre,gioisce e canta allegramente.
Oh!com'è bella!E' la mia fanciulla!
Ecco che viene e porta l'allegrezza,
porta la luce,ride e si trastulla,
il suo passar dilegua la tristezza.
Vieni bambina,vieni quì vicino,
quì sopra il petto scalda questo cuore
e fa che sia più bello il mio destino,
porgimi la fiamma dell'amore
L'occhio ti guarda,il cuore si diletta
nel meditarti sommo amor verace
e sotto l'ali d'oro ti ricetta,
perchè tu sei la vita,il sol,pace.
Dolce pensiero come ti ringrazio
d'aver frugato dentro il ' petto mio
d'aver colmato questo triste spazio,
d'aver pregato il buono e santo Dio.
Oh!Si gioisco,cara mia piccina,
guardando il tuo visino immacolato,
io mi consolo e il core mio s'inchina
a te mio grande amore sospirato.
Rivedo intorno a me le rose e i fiori,
riodo il canto,il coro è più perfetto,
rivedo variopinti i bei colori,
perchè sei qui amore mio diletto.
Vicino a te col più sincero amore,
con santo affetto e grande devozione
ringrazio te con tutto il mio fervore
d'avermi data la consolazione.
Vieni,mia Lita,porgi sul mio petto
il tuo visino con soave ardore
e nell'amplesso del più caro affetto
diciamo insieme:IO T'AMO DOLCE AMORE.
24.2.1951
indice
A LIBERATA
B ella é l'alba dell 'umana prole,
U n mondo di speranza dà alla vita.
O lezzano intorno belle aiuole
N el canto d 'una mamma divertita.
C anta la vita e coglie le viole
O rna il cammin che serve per la gita.
M entre s accinge ad aspettare il sole
P ensa a contare gli anni con le díta.
L 'alba,il passato ormai lontano stanno
E tu mia VITA, vívi íl nuovo giorno
A ura dolce reca il nuovo anno,
N ovello sole pieno di dolcezza.
N asce L'AMOR, le belle aiole intorno
O dorano di santa giovinezza.
Con molto affetto
Duilio
S. Benedetto 1 ° maggio 1951
ALLA FAMIGLIA IN FESTA PER LA NASCITA DI SIRIA
Lontan dal patrio suolo
v'è nata un'altra vita
che a dondolar di nuovo
un'altra culla invita.
Lontan da chi ha curato
di voi tutti i bisogni,
lontan da chi ha cullato
i vostri infanti sogni.
Lontan da chi vi parla
con questo bel linguaggio,
lontan da questo sole
di puro e mite raggio.
Ma questa lontananza
non deve a voi vietare
la gioia che si prova
nel dolce bel cullare
'na bella creaturina
che con soave ardir
dischiude le pupille
in cerca d'avvenir.
Com'è più bello ancora
per te che sei la mamma,
sorella mia,di nuovo
cantar la ninna nanna;
Egual per te è bello,
carissimo Felice,
ed io ti vedo tutto
come il tuo nome dice.
Festante io ti vedo,
mia piccola Marina,
è bello,è vero,credo
aver 'na sorellina.
E tu mia sconosciuta,
ma so che sei carina.
Dimmi sei bionda o bruna?
Novella nipotina,
dimmi puoi tu parlare
per dire alla cicogna
che ti portasse un poco
da chi vederti agogna?
Vorremmo si vederti,
vorremmo accarezzarti,
vorremmo starti accanto
per stringerti e baciarti.
Sei tu che oggi allieti
la cara tua mammina,
il caro tuo papà,
la cara sorellina.
Ed io con grande affetto
vi porgo gli auguri
più belli e più sinceri
gioioso e imperituri.
S.Benedetto dei Marsi,15.5.1952
VALFONDILLO
Ignoto m'era questo ameno loco,
dolce,grazioso nella quiete pura.
Ed or solingo assiso l'estro invoco
nel contemplar la magica Natura.
Sento qualcosa ch'agita il mio petto
l'animo mio è attratto da malìa,
non so perchè eppur qualcosa aspetto,
però non so trovar che cosa sia...
Eccolo viene col suo bel sorriso...
Più non lo vedo,dove s'è cacciato!?
Forse il cespuglio gli ha coperto il viso!
Ma no ... E' qui!Come ti ho aspettato!
L'ESTRO tu sei,si,ti riconosco,
oh!Quante volte t'ho aspettato invano!
Or ti ritrovo in mezzo a questo bosco,
ormai accanto a me e non lontano.
" L'estro io son,con me voglio portarti
a passeggiar tra queste tende gialle,
sono venuto quì per confortarti
e favellar con questa bella valle ".
Quì nell'intorno tutto è poesia
pur non udendo quel bel sacro squillo
che annuncia nel mattin l'Avemmaria.
Noi siamo qui in questa VALFONDILLO
ove il Creato rider sa soltanto,
ove il ruscel gorgheggia allegramente,
ove ogni cosa canta con incanto,
ove la quiete regna dolcemente.
Vedo la greggia,scendere la china,
che bruca la bell'erba tenerella
e il pastorel fischiando sta in sordina
accarezzando la più bella agnella.
Il sol cadente fa venir la sera,
la cima nuda è diventata d'oro
e da lontano una mucca nera
fa dondolar il suo campan col coro
dei campeggisti il suono si confonde.
Intanto il legnaiolo dal sentiero
discende nella valle e non nasconde
la gioia del lavoro giornaliero.
1953
indice
" FIGLIO MIO CHE PASSI E NON MI GUARDI
T'INVOCA CHI IL FUCINO BONIFICO',
RIGETTA VILTA'TUA E DI COTARDI,
DIFENDI IL PAESE E CHI TI GENERO'
Papà ti guardo e mi ricordo sempre
di te e dei sacrifici qui sepolti,
or tu m'invochi ed io non sono sordo,
gli altri ho pregato e ora siamo in molti.
Si molti siam già pronti a riscattarti,
non sono vil,ma pieno di coraggio
contro qualcun ch'ancor vuol calpestarti,
contro il padron dal burbero linguaggio.
Tu lo ricordi,caro padre mio,
la fame,il freddo più l'umiliazioni
che sopportar ti fè il padron restìo,
perchè non diete a te retribuzioni.
E quel padron,perchè non vuoI fallire,
sulla tua tomba l'epitaffio ha scritto,
t'ha fatto dire ciò che non vuoi dire
tornando ancor sul luogo del delitto.
A te difendo e anche noi stessi
e son sicur che tu rasciughi il pianto
vedendo di sorridere le messi
a tutti quanti e non ad un soltanto.
1952
NOVEMBRE
Limpido il cielo della primavera,
tutto fa bello col suo mutamento:
il sorgere,il tramontar,la dolce sera,
il verde,augelli i fior mossi dal vento.
E poi l'estate con la messe bionda,
il sol che brilla con gagliardo sfarzo
e il venticello sfiora a guisa d'onda,
tutto fa muover con soave sforzo.
D'allor più non rimane che la data,
il ciel si copre col suo grigio velo,
la dolce Fata via se n'è andata
e di bei fìor riman lo secco stelo.
La verde chioma al pioppo s'è ingiallita,
s'ode nell'aria un triste mormorio,
cede la foglia tutta impallidita
dando la nuda al ramo suo natìo.
Passa la gregge tutta a capo chino,
scrutando va per l'erba nel sentiero,
si ferma alquanto,segue il suo cammino
lenta,paziente avvolta in un mistero
e nell'intorno tutto è scolorito.
E' qui novembre col suo molle odore
di crisantemi,col suo mesto rito
a ricordar le cose tristi al cuore.
Or di lontano par che s'ode a stento
un suono di campane che rattrista,
un suono fioco fioco e troppo lento,
un suono che con gli altri si contrasta.
Al suono or segue un sommesso chiasso,
tutti riuniti vanno al Camposanto
con ceri,fiori e con lo lento passo
col capo chino abbozzando il pianto.
Novembre 1959.
ALL'ITALIA
Suonò la squilla per la gran chiamata
nel dolce spazio della nostra terra.
il bel vessillo si spiegava al vento
e unito il popol come in un sol core
tutto estasiato ne toccava i lémbi.
I reggimenti con fulmineo balzo
scattaron tutti insieme nell'istante.
Cinta la testa avean quei figli prodi
dal ferro e in braccia quella bruna canna.
Come un incanto tutto quel frastuono
s'ammutolì,fu grande l'emozione,
tra quella quiete che turbava i cuori.
Apparve su un sontuoso soglio assisa
'na nobil donna dolce e ammaliatrice,
cinta la fronte avea di verdi fronde,
guardò all'intorno e con spontaneo slancio
s'alzò all'impiedi per scrutare i volti
e incomincio col suo sonoro accento:
" 0 miei diletti,o mia cara prole;
son quì io nata e qui voi siete nati,
nel petto vostro vive il sangue mio,
quel sangue antico degli antichi padri,
quel sangue che cancia.r color non sa".
Tenea lo scettro nella destra mano,
con le fattezze belle e delicate,
rassomigliava non so, dire a chi,
perché 'si bella niun fu mai creata.
Con sguardo fiero,docile e possente:
" Rivedo in voi quella maschia stirpe
di cui lontano un dì nutrice fui,
e fui un dì di polve ricoperta,
ma or v'invito a riscrollar di dosso
e ricordar le gesta dei fratelli
e con orgoglio a rendervi più uniti,
riconquistando quell'antica gloria.
E che v'irrori i cuor del sole il raggio.
E' questo,cari figli,il mio messaggio".
1965
AL PIU' ILLUSTRE CACCIATORE
Dove vai mattine e sere
sì vestito in modo strano?
Sempre vuoto hai tu i1 carniere...!
Vuoi le piume del fagiano?
Un amico cacciatore
senza aver tante pretese,
senza far tanto rumore
se lo mangia a poche spese.
Mentre tu con tante... Mire,
il destin t'è sempre rio!
Con battute a non finire,
il fagian t'ha detto addio!!!
Son sfumate le emozioni,
hai bisogno ancor di scuola,
hai bisogno di lezioni.
Non han colpa Bill e Lola...!
Luna Park già ti aspetta
per sparar qualche piumino,
metti a parte la doppietta.
Ti saluto caro GINO.
Fucino, Appezzamento 9 di Strada 22
7.9.1967,ore 9,30
SONO CADUTI PER LA PATRIA
A ricordo dei figli più cari,
A ricordo dei figli migliori,
A ricordo di chi sugli Altari
Della PATRIA immolarono i cuori;
A ricordo dei figli scomparsi
Sulle alpi,tra cime rugose,
Sulle dune,in deserti riarsi,
Nelle squallide steppe nevose;
A ricordo di quelli dell'aria
Che difeser dall'alto i confini,
A ricordo di chi per l'ITALIA
Dormon sotto gli abbissi marini.
Dorme il padre,lo sposo,il fratello,
Dorme il figlio vicino all'amico,
Dormon tutti,in un mondo più bello,
Abbracciati all'antico nemico.
Un messaggio ci giunge audace
Dagli abbracci del mondo del Vero
Che c'invita a salvare la Pace.
Silenzioso messaggio sincero:
"Siam caduti,è ver siam caduti
Per la PATRIA e pel mondo migliore,
Ma le giovani vite perdute
Ora innalzano un canto d'amore;
Non più guerre,ma pace sincera,
Non più odio che uccide la vita.
Innalzate al buon Dio la Preghiera
Affinchè ci conceda l'ambita
Gioia d°esser figli Suoi degni,
Affinchè la concordia e l'amore
Questo mondo mai più non disdegni,
Ma ragioni soltanto col cuore.
No!non manchi l'afflato fraterno
Che ci unisce in un solo destino!
Noi da quì,dal riposo più eterno
V'ìnvochiamo,pregando il Divino.
Siamo Fanti,AIpin,BersagIieri,
Siam caduti in tutte le guerre,
Mari nai,Avieri,ArtigIieri.
Riposiamo in tutte le terre.
Non c'è più vincitore,nè vinto,
Non c'è più distinzion-.: di colore;
Mai nessun tra di noi vien respinto,
Ma ci unisce la Pace e l'Amore,
Ecco il nostro messaggio angoscioso:
Non più guerre,ma Pace e saggezza
E nell'unico abbraccio affettuoso
Possa il mondo trovar la salvezza."
D'aldilà,da quel mondo di Pace
Ed all'ombra di modiche Croci,
Con la santa parola che tace
Ci han parlato le gelide voci.
Raccogliamo l'invito dei Morti
Che donaron la vita per noi!
Non più guerre,non più brutte sorti,
Ma la Pace che placa gli eroi.
Non più rombi che squarciano il cielo,
Non più mostri che solcano il mare,
Ma l'azzurro seren senza velo
Che si specchia nell'acque più chiare.
Sulle tombe disperse,o Signore,
Fà che nasca un virgulto d'olivo
Irrorato di quiete e d'Amore,
Non morrà!Rimarrà sempre vivo.
Splenda il Sol su le cime rugose!
Sgorghi l'acqua in deserti riarsi!
Splenda il Sol nelle steppe nevose
E la fede nell'uom per amarsi.
10-11-1968
LA BIMBA E LA BESTIA
Dormiva la piccola Nilla
sognando le ingenue cose,
dormiva,dormiva tranquilla,
sognava la bambola rosa,
la pupa di pezza,i trastulli,
i piccoli amici,la scuola,
i giochi con gli altri fanciulli
e quando giocava da sola.
La fata sfiorava il suo viso
posato sul bianco guanciale,
la bocca soave al sorriso
frustrava il suo sonno dal male.
Leggiera la fata s'avvia
sfiorando ogni altro lettino
e con la sua dolce magìa
carezza ogni altro bambino.
Ma l'orco era li in agguato,
aspetta che l'ora proceda,
con l'occhio di sangue istriato
pregusta la piccola preda.
Si muove il moustroso gigante,
annusa all'intorno sospetto
e compie il gesto in mante
macchiando quel candido letto.
Inconscia la bimba riposa,
sorride il suo viso innocente,
risogna la bambola rosa,
ma l'ombra dell'orco é presente.
17.5.1969
TRANQUILLITA'
'Sta notte la quiete era sveglia,
la calma era sveglia ugualmente.
E insieme han giocato,
ma senza svegliare nessuno.
Le cose han dormito accanto alle cose,
le stelle vagando nel cielo
intorno alla luna sbiadita
le han visto mutare la faccia,
con sopra qualcosa posato
di strano,
qualcosa d'umano.
Ma l'uomo tranquillo
pregusta la pace serena,
riposa sognando
accanto alla donna che ama;
nel sonno di chi gli vuoI bene.
IL TEMPO
Nel vano cammino
il Tempo trascorre
portandosi appresso
le solite cose di sempre:
i sogni d'un cuore che batte,
le ansie d'un cuore che spera,
la vita d'un bimbo che nasce,
le gioie,i dolori,gli affetti.
E corre,trascorre veloce.
Trascorre le cose passate,
rincorre le cose future.
Ma l'uomo ugualmente cammina.
Pregando ugualmente,
sperando.
S. Benedetto, 14.10.1972
LA DONNA
E 'nacque pure... EVA,
però da quel costato
che ADAMO le prestò,
assierne a lei,purtroppo,
l'inizio del peccato.
E nacquero le altre,
le altre e altre ancora.
E nacque Messalina,
Lucrezia,Cleopatra,
e nell'oriente Frine;
la Lady Chatterley,
Poppea,Mata Hari,
la Marylin Monròe,
la Monaca di Monza,
e anche la Bardòt;
la Staller,l'Antonelli,
la Muti,la Sandrelli.
Ma nacque soprattutto
la bella Beatrice
che fu di Dante il Sommo
celeste ispiratrice,
e Laura per Petrarca,
e Silvia per Leopardi,
che furono trafitti
da tanti e tanti dardi.
Nacquero ancor fra queste
Penelope,Cornelia,
Santa Giovanna d'Arco,
la Ghandi,I'Anna Frank ,
la Corazòn Aquino,
Teresa di Calcutta,
la Nòbel Montalcini.
Tra queste e altre ancora,
ricolme di virtù,
nasceste pure VOI
virtuose e senza nome
di tanta maestà,
m'ancor più maestose
per la semplicità.
Senza pretese alcune,
senza sfarzosità.
Dentro vi batte un cuore
più grande,grande grande.
La casa,la famiglia,
la vita d'ogni giorno,
le gioie,le passioni,
le ansie,le illusioni..
La DONNA non è danno,
è vita della VITA.
E'quella calda fiamma
che a tutti ci riscalda.
La cara e santa MAMMA
1976
LA MAMMA
La DONNA non è danno,
è vita della VITA.
E'quella calda fiamma
che a tutti ci riscalda.
La cara e santa MAMMA
China sulla sua culla
all'alba della vita,
lo sguardo sorridente,
il volto ancor di più,
la chioma bruna,il petto
gonfio di santo amore
e gonfio ancor di più
di sangue generoso,
dono della Natura,
pronto per accudire
la propria Creatura.
Chi la..ricorda più?
I dubbi,i sacrifici,
le angosce,le amarezze,
il palpitar del cuore,
solo a pensar paventa,
d'una qualsiasi doglia
al sangue del suo sangue.
Or più non si ricorda!
E poi chinata ancora
su le diverse culle.
La chioma grigia,il petto
colmo di solo amore.
Cantava dolci nenie
e raccontava fiabe:
La Fata,il Cavallino,
e la nonnina,il bosco
col canto degli uccelli,
il Re ,la Principessa
e l'uomo buono che
puniva sempre l'orco.
Ma queste cose belle
nessuno più ricorda!?
Or china su se stessa,
la chioma ormai canuta,
la vita che tramonta
sotto i pesanti anni.
Ma il cuore batte ancora
pieno d'antico amore.
Ricorda le.amarezze,
le gioie, i sacrifici,
se pur lo sguardo è spento
rivede tutti e tutto
con l'occhio della mente.
8 marzo 1987
IL MISTERO DELLA VITA
Appena un leggero respiro
seguito da un tenue vagito.
Eppue si sente sì forte,
più forte dell'acqua che scroscia,
del vento che urla,
del tuono ch'erompe nell'aria.
Perchè chi ascolta non sente
la pioggia che cade violenta,
il vento che sibila urlando,
il tuono che squarcia le nubi?
Ma sente ed ascolta soltanto
quel tepido,timido fiato,
quell'esile pianto
ch'è fatto di gioia,
di sogni d'amore,
di sangue ch'è fatto di sangue,
di carne staccata alla carne
che vive,che pulsa,che batte?
Perchè s'è compiuto l'evento.
La vita ha donato alla vita
una vita di più.
Una vita che inizia a sperare,
a sognare le cose,
le cose che adesso non sa.
Eppure le spera,le sogna,
sperando che un giorno lontano
il sogno diventi realtà.
Saranno le futili cose
del mondo che dona a chi nasce,
oppure chi nasce,al suo mondo,
darà quelle cose
che l'uomo sovente non dà?
Di certo io dirlo non sò,
ne tu lo saprai a me dire.
Soltanto chi crea la vita
su d'essa può dire ogni cosa.
7-5-76
indice
L'ACQUA
Spontaneamente scivola copiosa
l'acqua nel fiume,
pur se s'adagia tra le opposte rive
che si creò per dondolarci dentro.
Penetra ovunque,tra dirupi e boschi
e nella quiete antica delle valli,
scorre e si posa nel suo letto,
per defluire poi
laddove il cielo azzurro si rispecchia,
ove la vela,come un farfalla,
placidamente ondeggia.
E spazia altrove,nei lontani lidi
quasi remoti,
tra il solcar di poderose stive
ricolme d'ogni ben che l'uomo anela
e dello stesso uomo peregrino
che spera di toccar la terra ferma
onde appagare i sacrifici suoi
in cambio d'un domani più sereno.
Spontaneamente,ancor,risale in cielo
per ricadere sulla nostra terra
e fecondarla,come allora fece,
quando iniziò l'eterno suo cammino.
15.7.1976
LA MIA TERRA
D'un grigio-azzurro
le montagne intorno
fan da corolla
a questa valle
estesa e pianeggiante.
Terra feconda
di feconde genti
ove anticamente
vi si specchiò la luna.
Nessuno più ricorda quell'incanto
se non gli scritti
che nessuno legge.
L'aratro che solcò l'umida terra
s'è perso tra i rottami del passato.
Or pulsa di motori la campagna
ridente e rigogliosa,
coi suoi colori
splenditi e sfumati
dal sole che a levante
indora un ampio cielo
limbido e sereno.
Svettano i monti
appena inargentati,
veglia il Velino
a guardia del gigante
che s'addormenta
sempre a prima sera.
Un quadro immenso!
Miracolo stupendo del Creato
che il grande genio
del più grande artista
giammai potrà fermare sulla tela.
1976
NEL BOSCO
Un'alitar di vento,
un tremolìo di foglie,
un lieve carezzevole brusìo
e un'infinita quiete
creano intorno
un'oasi di pace.
Vedi bei colori sfavillanti
e dolci suoni pieni d'armonia.
E t'accompagna sì beatamente
la cara solitudine
che non é sola
in mezzo alla natura.
L'occhio cammina,
ma il pensier si ferma
a contemplar la magica saggezza
di chi creò il creato.
E parla e parla all'animo estasiato
che raccontar non sa
quello che sente.
Agosto 1976
HO VISTO
Più volte ho visto
lo spuntar del sole
e gli infiniti splendidi tramonti,
ho visto il cielo scintillar di stelle
ed altre cose belle.
A volte ho udito
il rimbombar del tuono
e I'eco,le sirene,
le rise ed il frastuono.
Le vette ho visto
bianche e immacolate,
superbe nella loro maestà
stagliate in cielo
come monumenti della grandiosità;
lo zampillare delle fresche acque
cadere a valle giù dalle cascate
e incamminarsi spumeggianti e chiare
verso il lontano mare.
Ed il poeta ho visto
lì estasiarsi,con l'animo innalzarsi
com'aquila che vola,
spaziando le bellezze naturali.
Ho visto gli animali
e gli uni decantare la natura
e gli altri ricercarsi alla frescura,
e ho sentito,tra gli amìci boschi,
il cinquettare dei graziosi uccelli
e il canto melodioso dei ruscelli.
In mezzo a tanto incanto
ho visto i fiori
con I'armoniosità di quei colori
gai,odorosi con mille sfumature.
Però,purtroppo ho visto pure l'uomo
e ho sentito mille stonature.
Agosto 1977.
indice
A SILVIO
Silvio,te lo ricordi
il tempo della dolce giovinezza?
Com'era bello allora!
Vedevi il mondo tinto color rosa,
il cielo azzurro senza nube alcuna,
e tu ti strastullavi
con le donzelle amate
a te d'età inferiore
o parimente a te.
Ti rimiravi in uno specchio il viso
al pari di Narciso.
Leggevi in quell'effige il tuo avvenire
carco di belle donne e di carezze
e in estasi il tuo core
facea leggiadri sogni.
Senza sognare le sudate carte
e che il tuo primo tempo
non potè mai mettere da parte.
E sin d'allora fosti tu costretto
a lavorare da mattina a sera
sin dalla primavera.
E sin d'allora,tu,più non potesti
girovagare i boschi
della tua Dea Angizia.
Quindi non più tra i fronzuti olmi
placidamente assiso
accanto a chi t'amava.
Che ricordi soavi,
che speranze svanite,o mio Silvestro!
II principe ti diede
il tanto ambìto posto.
Tu fosti prigionier nel suo ostello,
però,per te,fu bello
pur nel mirar le sbarre.
Forse per te non fu una sventura
fu nella tua natura
far sempre l'impiegato,
colpa non fu,neppure fu n'inganno
eppure hai tu espiato.
Gli eventi,il fato?II principe svanì.
Fu una ventata nuova d'aria pura,
tu ci credesti e rimanesti ancora
dietro le antiche grate,
sperando nella speme.
Forse perchè amavi tu la cassa,
I'economato,il viscido danaro
che sfugge dalle mani come il baro
fuggir fa quella carta
che affatto non gli cale.
Or tutti intorno a te sono gli amici,
e trepidante stanno
ad aspettare quando
saranno liberati.
Non ti dogliar che libero tu sei,
pensa all'età novella
della tua cara prole
e del diletto che la prole stessa
feconda a te darà la vera gioia.
Noi aneliamo questa sorte tua,
Ma chi ce l'assicura?
Non più ti affanni,sappi esser fiero,
saranno lieti i giorni tuoi futuri.
Son questi gli auguri.
Così,almeno spero.
20/4/1978
PER LA FESTA DELLA CLASSE 1931
Ormai CINQUANT'ANNI son passati
da quando la Cicogna si posò
sopra i camini tutti affumicati,
e poi lungo la cappa ci calò
sopra la teglia priva di... calore.
Ci accolse la famiglia con amore.
Vennero altri e poi altri ancora,
però non tutti ressero alla prova.
La Vita,all'alba,o dopo,all'aurora,
finiva tra le spire della piovra,
ma noi,sopravvissuti di quell'era,
ci ritroviamo insieme questa sera.
A ricordare il tempo che è passato,
a ricordar la cara fanciullezza,
a ricordar chi via se n'è andato,
a ricordar la gaia giovinezza,
a ricordare uniti,cari amici,
le gioie,l'ansie e tutti i sacrifici.
Però noi siamo stati fortunati
di ricordarci insieme del passato,
e siamo stati anche ripagati
con questo giorno allegro e spensierato,
un augurio ci dobbiamo fare:
di rincontrarci spesso per brindare.
Brindare all'amicizia,all'avvenire
d'un mondo nuovo,con il vento in poppa,
e che non faccia mai,mai più soffrire
quello che noi soffrimmo senza colpa.
E noi ci auguriamo,con piacere,
di vivere altre cento primavere.
9.2.1981
indice
RIDONA SPERANZA
Distesa,col capo supino
non dorme,ma guarda il soffitto,
non vede nemmeno chi accanto
sereno riposa tranquillo.
Ripensa agli amori passati,
rivede i bei tempi trascorsi;
il sole che brilla nel mezzo
del cielo pulito da nubi;
rilegge nell'aria le cose,
seppure sbiadite dai tempo,
le cose che scrisse
con pavide attese
ricolme di trepidazione,
con dubbi,tristezze ed angosce,
con gioie sublimi d'amore,
con languidi sguardi,
con dolci emozioni,
con tante più dolci effusioni,
con brevi soffuse parole
e gesti sinuosi ed amplessi.
Poi guarda il suo corpo
non più come quello d'allora,
e vede offuscato da nubi
il suo già presente futuro.
Incerta traballa la mente!
Lo sguardo riscruta di nuovo
e vede uno squarcio nell'aria.
Un tepido raggio di sole,
non proprio nel mezzo del cielo...
Ridona speranza.
Dissolve le nubi d'intorno,
rischiara le cose più scure,
colora di pallido rosa
le cose future.
Distesa,col capo supino,
s'acquieta,riposa.
Domani sarà un altro giorno.
9.11.1981
AL TELEFONO...MUTO
Così,come un ragno aggrappato
in quella parete sbiadita,
sul mobile antico di casa,
sul tavolinetto isolato,
a un lato del grosso salone.
Stà quieto,non parla.
Tu taci da tempo,perchè?
Non sento più il suono giocoso,
trillante,che ovunque risquilla,
che annuncia le cose indiscrete,
le cose funeste ed allegre,
le cose che sai
svanite nel tempo lontano,
le cose che forse non sanno
chi proprio dovrebbe saperle.
Sei tu quell'attrezzo,
dall'uomo,animato,
che inviti a parlare di più.
Avaro divenne l'inchiostro
che prima parlava per té.
Or taci,perchè?
T'han fatto parlare di cose
che forse non erano vere.
Ti senti tradito
dall'uomo insincero
che fugge dal vero,
eppure più schietto
poteva parlare
dal tuo favoloso dischetto,
perchè il suo occhio
guardava distratto un oggetto,
un punto macchiato al soffitto,
non l'occhio di chi gli parlava,
che spesso fa dire l'inverso
di ciò che si pensa.
Risuona,ti prego,risuona!
Perdona chi a volte ha mentito.
lo credo che già s'è pentito.
Non devi restare isolato,
non devi restare tu muto,
affinchè isolato non resti
chi vuole da tè quell'aiuto
che tu gli togliesti.
28.2.1982
ALL'ANONIMO
Schiaffeggi con paura
chi è bendato,
spari da dietro l'angolo
al passante
che si ritiene ardito.
Guardingo tu pugnali
le sue spalle
che l'occhio della vittima
non veda.
Ma non ti pesa dentro
questa tua viltà?
O soddisfatto sei
di tutto questo?
Eppure "dolcemente"
al prossimo tu parli
con la tua lingua bifida,
sapendo di parlargli con perfidia,
mentre il sole brilla
sul tuo capo.
E poi,all'ombra,nell'oscurità,
serpeggi come un rettile assetato
e strisci avidamente sulla preda,
ignara della tua vigliaccheria,
succhi il suo sangue
e sputi il tuo veleno.
Strisci a ritroso
viscido e tortuoso,
tornando nel tuo covo.
Domani il sole brillerà di nuovo,
ma tu rimani sempre infreddolito.
E tuo malgrado l'onestà ti uccide.
21.4.1982
indice
SOGNO IRREALE
Mutano le stagioni: a primavera
il cielo è terso,il sole più riluce,
l'estate brucia la cocente sfera,
l'autunno al freddo inverno ci conduce.
Questa natura delle cose adduce
a far sperare l'uomo che dispera
quella speranza cara che l'induce
a non rincorrer voce di chimera.
E tutto questo è bello senza eguale,
ciò che natura dona è da imitare,
ma all'uomo tutto questo non gli cale.
Caparbiamente seguita a sognare
futili cose dentro l'irreale,
poi le rincorre e seguita a lottare.
10-5-1982
TRAMONTO D'ESTATE
Maestosa è la natura
in quest'ora solenne.
I monti lambiscono il cielo
all'orizzonte,
la terra prona
in pio raccoglimento
offre una prece al sole,
perchè ritorni presto
per asciugar domani la rugiada,
e le colline coi declivi in fiore,
all'ultimo bagliore,
cantano insieme l'inno del creato.
A tanta maestosità m'inchino,
m'inchino ancor di più
a chi la fece tale.
Calato dentro questo rito antico,
che si rinnova nella sua bellezza,
mi par d'udire,molto in lontananza,
un sussurrare,
quasi un bel frastuono,
un attutito rimbombar di suoni,
e intorno intorno
come un cicaleccio:
un batter d'ali
di cicale stanche,
il ronzare di vespe e calabroni,
un leggero fruscio d'erbe
mosse dalla lucertola
per riscaldarsi ancora.
Suoni indistinti tutti accavallati.
Suono distinto,invece,
è il rintoccare
della campana amica
che annuncia il vespro.
II ragno,intanto,
laborioso e svelto
fa la sua tela
senza far rumore;
la provvida formica,
anch'essa silenziosa,
porta il bottino,dentro il formicaio,
spesso più grosso
della sua statura.
Odo il ruscello,
mormorar d'appresso,
che corre senza dire dove và.
Volge al tramonto ormai
il Dio sole.
Di rosa-acceso il cielo si colora,
la gigantesca palla di vermiglio
beatamente dietro i monti affoga.
II crepuscolo distende
il velo della sera
e ogni cosa dolcemente ammanta.
E' un'oasi di pace
questa dolce quiete,
come ugualmente dolce
è la malinconia
che rasserena l'animo turbato.
6 Aprile 1982
indice
TORMENTO
lo lo so...
Quello che ho detto e dico
sono parole vane,
non c'é ombra di speranza
alcuna.
Un vento di burrasca
continuamente scuote questo petto,
senza che torni
mai la bonaccia.
Di rado,ormai,vedo
l'azzurro cielo
e I'ampia,perfetta curva,
tracciata in esso,
dal volo ardito
del maestoso falco.
Eppure,mio malgrado,
seguito lo stesso a dire.
Ma non s'acquieta l'aria
dopo il fragore
del rimbombar del tuono.
15.5.1982
1932 + 5O = 1982
Ci troviamo sopra il monte
discendendo verso il ponte,
ma quant'acqua c'è passata
e lontano se n'è andata.
Ha lavato i sacrifici,
i ricordi degli amici,
della cara fanciullezza,
della bella giovinezza.
Cinquant'anni?Non è poco!
Ma in noi c'è ancora il fuoco
che ci brucia nelle vene
e che sempre ci mantiene
nel calore del futuro
il più a lungo duraturo.
22.8.1982
DI TUTTO VIEN LA FINE
Di tutto vien la fine,di ogni cosa,
all'alba nasce il dì che poi finisce,
la vita é come quella d'una rosa,
sboccia cresce e subito appassisce.
Tutto scompare,pur sù questa terra,
sol delle azioni il buon ricordo resta,
ricordo che svanisce molto presto,
e delle azioni il lor valor sotterra.
Finisce pure il mondo,questo é certo,
ad ogni uomo Iddio ha lasciato scritto:
"La vita é corta state sempre allerti",
non lamentate poi che non l'ha detto.
15.6.1984
AD ALICANDRO
Bacco chi fa Non fu un morituro!
Resta e rimane sempre nella storia
e penso avrà ancora il suo futuro,
i suoi seguaci gli daranno gloria.
DI te non si può proprio lamentare,
sei stato il più fedele dei seguaci
e ancora oggi seguiti a osannare
le sue virtù con modi assai loquaci.
Questa loquacità dal fiasco viene
che tu sovente seguiti a svuotare
facendoti scordar tutte le pene
che l'uomo sobrio non sa mai scordare.
Lo disse un dotto con cotanta scienza:
Il fiasco, in un qualsiasi rínfresco,
confessa, senza esame di coscienza,
meglio d'un frate pio o Don Francesco.
Non proprio degna è questa cerimonia,
di te che fosti e sei sulla breccia
ancor frizzante e senza parsimonia
tracanni e bevi anche con la feccia
tanti bicchieri, colmi d' àllegria,
senza contarli, senza farci caso,
con eleganza e tanta maestrìa
e quasi mai non arricci il naso.
Degno tu sei del grande tuo antenato
che mai pavor gli fecero i bicchieri
e fosti uguale a lui tu nomato
eguale a lui li vuoti tutt'interi.
Trenta con lode, °quest'è l àttestato "
che noi ti conferiamo e, fiduciosi
che tu rimani sempre un po' sbronzato.
Di te saremo sempre più orgogliosi.
A. D. M. 1985
LA MORTE
La morte
al disopra di un tetto,
di un colle,
di un monte
che guarda sospetta
al disotto
spiando,aspettando.
Dintorno sinistro
il suo alito aleggia.
E noi non sentiamo
il fruscìo.
Sentiamo i rumori
più forti,
i frastuoni
che cercano ancora a distrarci.
Ma lei non si annoia.
E' lì,in agguato,
in vìgile attesa
sul tetto;
sul colle,
sul monte.
Cammina per strade,
per valli,
volteggia nell'aria,
si sciacqua nel mare,
aspettando,sicura,
la preda.
10 novembre '86
AL SUICIDA
Perchè,perchè,perchè?
Perchè non hai voluto più sperare?
Perchè or tu, con tanta violenza,
cacciasti via da te quella speranza
che con le sue carezze
bandisce la cattiva volontà
dell'uomo scoraggiato?
Perchè non hai tu
contraccambiato ad essa
la generosità delle carezze
con l'entusiasmo della giovinezza
Eppure è tanto bello
averla per compagna.
I tuoi vent'anni
non ti son bastati
a vincere l'amata tua tristezza.
E' stata lei a pronunciarsi
contro il tuo sperare.
Perchè tu hai sperato,
non puoi dir di no?
Tu hai sperato
ad un domani sereno,
ad un compenso
giusto e veritiero
per i sudati studi.
Hai sperato ancor di più
col battito del cuore
col nascere d'un'amore,
al nascere d'una fede
e forse a un Credo
che tu hai creduto?
Non hai visto,
prima ancor del gesto,
la mamma tua morta di dolor
sotto i tuoi piedi?
I tuoi fratelli tu
non li hai visti
farti corona uniti e sconfortati,
parlarti sol con le cocenti lacrime?
Tu hai visto tutti
ed altri ancora
ed hai chiesto lor di perdonarti
soffrendo pure tu.
Tu non sei stato
a fare scempio
del più grande dono
che Dio ti diete.
Non hai dato tempo al tuo futuro.
E' stato un tarlo
che tu non conoscevi.
indice
A SABINA SANTILLI
Non vede l'aurora che nasce,
il raggio di sole che splende,
che batte su un vetro di ghiaccio
e riluce di più.
Non sente il cantar degli uccelli,
non sente lo scroscio dell'acqua
che cade da bianche cascate
e quando gorgoglia nel fiume
durante l'allegro cammino,
che gioca coi sassi, col sole,
con l'erbe adagiate alle rive,
che sfocia all'aperto nel mare.
Non vede le barche, i gabbiani,
non sente il ronzar dei motori.
Non vede la messe dorata
che ondeggia alle brezze d'estate,
le ampie distese dei prati
dipinte da mille colori.
Non vede le vette innevate
protese all'azzurro del cielo.
Non vede un bambino che nasce,
che dorme, che sogna la vita.
Non vede gli accesi tramonti,
non sente il sommesso brusio
al calar della sera.
Non vede la pallida luna
che copre d'argento la notte
col velo trapunto di stelle.
Non sente il cane che abbaia
e il gallo che canta nell'aia.
E' priva di questi bei doni.
Ma dentro una LUCE sfavilla
l'irradia la cieca compagna
che sempre la porta per mano.
L'eterna incrollabile FEDE.
E insegna a chi, come lei,
non vede, non sente, non parla,
le cose più belle del mondo:
LA PACE, L'AMOR, LA BONTA'.
Non vede neanche, ed è bello,
gli obbrobri e le cose fallaci
di noi che vediamo, sentiamo,
ma nulla facciamo.
SABINA, ci porti per mano
per questi sentieri tortuosi,
che spesso conducono l'uomo
in baratri ancor più profondi.
Ci porti, ci porti per mano
nei tetri abbaglianti meandri,
non farci restare nel buio.
E insieme andremo lontano.
24 dicembre 1988.
LA VITA
Addita,con l'indice teso,
la cara mammina
e ride col naso arricciato.
con gli occhi socchiusi,
la piccola bocca rotonda
tralascia vedere
due piccoli denti d'avorio.
E parla, riparla, riparla!
Con suoni di voce argentina,
pronuncia le cose più strane.
Rifulge dagli occhi
gioiosi,
dai pori più lisci
di seta
tessuta a velluto,
la grazia,la gioia,l'amore
che cantan le lodi
alla vita che viene
e invita a sognare
1990
AGLI SPOSI
S'ode un bel canto,un bel coro perfetto
quì in mezzo a noi,tra questo gioire,
s'ode?Non s'ode!Eppur questo petto
è tutto pieno di dolce sentire.
Guardando Voi,o miei cari Sposi,
guardando questo sì bianco vestito,
vedo dipinto ,affetti amorosi
che vi han portato al più bel grande Rito.
Scoccò il suo dardo l'arciere Cupìdo
e vi trafisse,ma in modo incruento
or v'accompagna nell'ambìto nido
dove il gran tàlamo fuga il tormento.
Soltanto egli, il dio dell'Amore,
colpisce il segno con l'arco fatato
e fa vibrare le corde del cuore
persino a chi non è innamorato.
Oh si!L'amore,sì dolce e ribelle!
Amico caro dell'umana gente
che fa incontrare l'anime gemelle,
le avvinghia e le trasporta dolcemente
dentro il creato,ed a guardar l'invita
il dì futuro,il giorno immortale,
il dì che sa rinnovare una vita,
il dì che porta un corteo nuziale.
Con grande affetto,con garbo s'inchina,
prende i suoi schiavi con mano sicura,
per un sentiero di rose cammina
e con dolcezza,con grazia,con cura:
Vedete,dice,la bianca casetta
e intorno ad essa il grazioso giardino,
quell'uscio aperto,qualcosa che aspetta,
quel focolare piccino,piccino?
I due colombi,con gran meraviglia,
esclaman quasi più piano del fioco:
dolce dimora di nostra famiglia!
Oh!Se potessimo entrare in quel loco!
Chi furono quelli?Quel nobile cuore
di quella guida così seducente?
Di questa fiaba chi è l'autore?
Sono gli sposi,il bel quadro vivente.
Siete un bel quadro venuto stamani
per adornare la bianca casetta,
più che felici sarete domani,
perchè una piccola culla v'aspetta,
dove la vita s'adagia sognando,
i giorni lieti,le vostre carezze,
il vostro tenero amore,aspettando
i giochi,il trastullarla fanciulezza.
Sono i rampolli le gioie più belle
siano biondi,bruni o rubìcondi
vederli insieme fratelli e sorelle
presi per mano a far girotondi.
Sarà il dono più bello che il cielo
a Voi darà,o miei Sposi amici,
l'essenza,il giubilar del vostro anèlo,
accompagnato dai nostri auspici.
AFFETTO MATERNO
E' dolce l'alba dell'umana vita.
Sogni dorati colmi di speranza,
sogni di gloria,l'alta vetta ambìta
ti offre di scalarla con possanza.
Tra queste ambrate nuvole di sogni
la dolce nenia della ninnananna
volteggia e canta tutti quei bisogni
che generosamente dà la mamma.
E chiede a Dio quello che ti aspetti
di tramutarlo tutto in realtà.
Fuga le ombre scure ed i sospetti,
perché tu viva con serenità
la tua esistenza tra i più cari affetti,
pieni di luce e di felicità.
S.Benedetto Dei Marsi,20.2.1991
VITA O MORTE
Un raggio di sole
che squarcia le nubi
dischiude la vita,
ma lesta un'ondata di vento
sbaraglia le cose vissute:
gli amori fugaci,
lontane memorie sfocate,
gli intrighi,le gioie,i piaceri.
Alcuni ricordi,però,
ci restano dentro
avvinghiati nel cuore
finché il suo battito cessa.
Verranno con te
là dove andar non vorresti,
invece certissimamente
andar tu dovrai,
là dove il silenzio del buio
se tu non saprai pregare.
17.4.1992
AGLI SPOSI TERESA E GIANNI
Sotto una galleria di ghirlande
tra un turbinio di petali di rose,
tra siepi di mughetti e biancospini
e garruli ruscelli spumeggianti,
lungo un viale d'erba vellutata
col sottofondo d'una gaia orchestra
che vi accompagna sì beatamente
con musiche gioiose e celestiali,
con usignoli flauti e arpeggi
e un'aura carezzevole vi sfiora,
mentre dal cielo un mite sole ambrato
inonda d'oro il vostro sogno ambìto,
che oggi uniti avete assaporato,
il magico momento della vita
Gioia interiore gioia che traspare
dagli occhi vostri splenditi e sereni.
Fantastico cammino,cari sposi.
E noi vi auguriamo tutto questo:
fiaba dorata dentro un paradiso,
però la realtà che ci circonda
è alquanto avversa a queste cose belle.
Ma voi potreste tramutarla al vero
col vostro amore e con il vostro ardire,
col vostro mestiere antico e generoso,
schierati nella lotta contro il male
per aiutare questa società
che frastornata si dibatte ansiosa
nel chiedere giustizia e più bontà.
- 2 8 -6 - 1992
L'ALPINO
Col passo calmo,lento,cadenzato
l'alpino scruta le rugose vette.
Certo,sicuro,pur se affaticato,
non ha timor di fulmini e saette,
senza badarà al fiato che lo strozza
pensa a piantar soltanto la picozza
lì sulla cima assieme al gagliardetto,
pregusta il suo svettar nell'aria pura.
L'ultimo sforzo e lo si vede eretto
a contemplar la magica Natura.
E lungi l'occhio spazia I'innevate,
più maestose,cime immacolate.
E l'estasi l'avvolge col suo velo.
Egli gioisce,il cuore si commuove,
le mani innalza,par che tocchi il cielo,
per ringraziar Chi tutto questo muove.
Di questo incanto l'animo s'inonda
e un'infinita quiete lo circonda.
S.Benedetto dei Marsi,16.1.1997
A SUOR RENATA
Tu ci prendesti per mano bambini,
come la chioccia coi suoi pulcini,
sotto le ali, da tante bufere,
Ci proteggesti con mille maniere.
Noi ti seguimmo per più primavere,
dentro la scuola con dolci preghiere,
giocando insieme nel grande giardino,
tracciasti il solco del nostro cammino.
Tu dischiudesti l'immenso orizzonte:
col sillabario, le fiabe, le storie,
Ci abbeverasti con l'acqua di fonte
per informare la nostra memoria,
Tu ci additasti, dall'alto del monte,
il bel sentiero dei sogni di gloria.
Un bambino adulto.
San Benedetto dei Marsi, 26 ottobre 1997.
LA STATUA VIVENTE
Volto scavato dalla viva roccia
con solchi tracciati
dall'aratro del tempo.
In questi solchi sono ancora
radicate le piante rinsecchite
di qualche gioia fugace,
sovrastate da quelle del dolore
del l'antica, costante fatica
che vegetano quà e là,
piantine verdi di fede in Dio
malgrado tutto.
II petto villoso quasi innevato,
come i capelli della sua testa,
l'occhio ancora vigile
che scruta il suo corto futuro,
le gambe ancora erette,
ben piantate sulla terra.
E' l'uomo gagliardo, poderoso,
come statua vivente
che sfida le intemperie
e l'inquinamento
dei tempi moderni.
1998
SU QUESTA TERRA
Su questa nostra terra,
ampissimo scenario,
spazioso palcoscenico
l'uomo ha recitato
e ancor reciterà.
Noi siamo tutti attori:
chi è protagonista,
chi attore,ma di spalla,
chi personaggio umile,
chi semplice comparsa,
chi recita la farsa,
a ognun la propria parte
per costruir l'ambiente,
la storia e altre cose:
i parchi,gli ospedali,
protegger le foreste,
i fiumi,gli animali
e tutto ciò che serve
all'uomo sfortunato.
Però c'è chi disfà
con bruta violenza,
senza rispetto alcuno
la terra ed il creato.
Anch'esso è uguale attore,
ma tracotante e pravo
che uccide e che distrugge
credendosi il più bravo.
1998.
LE PIETRE CHE PARLANO
lo resto muto
di fronte alle pietre
che parlano al cuore,
all'animo,che sanno
trasmettere all'uomo
le loro estasianti bellezze:
le rocce che sempre più vive,
lavate dal dolce frastuono
di spumeggianti cascate;
Piramidi e Obelischi,
Colonne e Monumenti,
Castelli e sontuosi palazzi.
Le Cupole dei templi Cristiani,
di Sinagoghe e Moschee
e delle Bramine Pagode,
che s'ergono al cielo
pregando il buon Dio
dì avere una vita perenne,
sfidando il tempo inclemente
con tutte le sue intemperie
e l'ira dei suoi elementi.
Son mute le pìetre che ... parlano,
neppure il Mosè mai rispose
al sommo e più celebre Artista,
che con la penna-scalpello
I'avea 'sì bello plasmato.
D'allora parlò con le genti
e queste parlaron con lui,
e parlano ancora,
per sempre con lui parleranno.
Assorto,rapito, ho pensato,
di fronte al nostro Portale
da dove Francesco vi entrò,
prono umilmente a pregare
la Martire Santa Sabina.
Son queste le magiche pietre
con archi intarsiati
ornati di fregi,
di foghe,di fiori,
di piccoli uccelli,
di viti con grappoli appesi
scolpiti a risalto;
due belle testine di donna
sorreggono il grande epistilio
con draghi irati tra loro.
A guardia di questi
il favoloso grifone
con occhio sospetto li guarda ,
pronto a saltar su d'essi
col poderoso rostro
e coi potenti artigli.
Colonne più snelle , più svelte
di marmo ben levigato,
colonne portanti ai lati
poggiate sui dorsi
di due possenti leoni .
Su ognun di loro sovrapposti
splenditi capitelli cesellati
d'encomiabil pregiata fattura.
E' un gran bel quadro filigranato
tessuto su tela da mani di fata.
Attento ho sentito i racconti
di cose lontane:
di agi , di fasti e splendori ,
di valorosi guerrieri,
ma anche di povera gente,
di tanti disastri e rovine
e devastanti alluvioni
dei secoli bui passati.
lo, umile figlio
di questa contrada,
assieme a loro vorrei raccontare,
ma la mia penna, non di scalpello,
intrisa d'inchiosro,
è fin troppo grezza,
non è raffinata.
Si perde tra i flutti
del procelloso mar di parole,
senza nessun salvamento.
Ma spero ugualmente
di dire qualcosa
ascoltando le pietre che parlano.
13 gennaio 1999.-
A IGINIO
La morte è il ladro di notte
che ruba gli affetti, il futuro,
i progetti, l'amor, la speranza
e lascia doglianze a chi resta:
i ricordi più belli,svaniti,
la mamma in angoscia, prostrata,
la sposa avvinghiata ai figli
che piangono il caro papà.
Tu pure provasti
lo stesso dolore
ancor giovinetto.
Or prega il buon Dio
che vegli su loro,
sperando in un tempo migliore
che aiuti la monca famiglia,
che scacci le nuvole nere
addensate su d'essa.
La tua bontà che quaggiù
profuse spontaneo amore
all'uomo, all'amico, al fratello
che, come te, fulminante
ti precedette lassù.
Dal cielo assisti i tuoi cari
che stanno straziati per te,
rassegna chi si dispera,
ridona speranza
a chi tanto t'ha amato e ti ama,
rafforza in loro la FEDE
che sa consolare gli afflitti.
zio Duilio
5 giugno 1999 -
L'ULTIMO ESODO
Occhi pensosi dl bimbi,
di madri
di giovani vite
stipate ín stive profonde,
ammassate sui ponti,
aggrappate a rínghíere
di navi, di barche.
Son grappoli umani
pendenti su un mare
ín burrasca,
minato d'angosce,
di dubbi,
che lasciano íl proprio paese,
gli affetti pIù cari,
le spose, le mamme,
gli amici l'infanzia,
la terra calcata
dai lor primi passi .
Caccíati dall'uomo cattivo,
dall'orco assetato di sangue,
dal padre padrone arrabbiato.
E vanno!!
Voltando le spalle alla Patria,
con gli occhi profondi,
smarriti,
che guardano spazi infiniti,
ma senza vedere orizzonti
alquanto schiariti.
Non hanno una meta sicura ,
non sanno se trovano asilo,
se trovano un tetto,
una branda, una panca
su cui riposare
le membra fiaccate dall'ira,
dal freddo, da fame,
non sanno se trovano un pane,
un lavoro, un affetto
Ma vanno sperando!
Fidando nell'uomo fratello
che allevíi il loro fardello
ricolmo di strazi,
di gioie perdute
di sogni írrealí
E vanno !!
Cercando la pace,
la libera pace fraterna
che sanno poterla trovare
tra chi l'assapora da sempre.
S. Benedetto dei Marsi 15. 6.1999
indice
A CHI NON SA RASSEGNARSI
Tu,come altri,sei una persona,
ma non t'accorgi
di ciò che ti circonda.
Sei priva d'interiorità,
quasi priva di anima
e di sentimenti.
Ti nutri del passato
che non ti é bastato
e mai ti basterà,
ti nutri di te stessa
e delle delusioni a te incarnate,
senza contatti umani.
E' come viver dentro
una campana di vetro
guardando in una sfera di cristallo
tutti i tuoi trascorsi,
al di là dei vetri
vedendo all'esterno
le tante cose belle
ed altre non garbate,
ma nulla t'interessa.
Isoli la tua dignità,
dimenticando d'essere persona.
Ma tutto questo
no ti morde dentro?
Tu così non vivi,
végeti soltanto.
1999
LA LIBERTA'
Mai morrà la Libertà
pur se vìen continuamente uccisa.
L'uomo lìbero nasce
dopo una prigionia
di nove mesi
dentro il grembo materno,
dove si muove e sgambetta.
Nasce,chiede
e quasi sempre ottiene.
Ma l'adulto cerca di piegarlo
al suo volere.
E con imposizioni
ottiene risultati
in suo favor.
Malgrado tutto
non dura a lungo.
Il giovin si ribella
cercando di seguir
quel che dentro sente:
curar la pianta
che attecchisce in sé.
Ancor l'adulto
stronca quel germoglio,
affinché non diventi
maestosa quella
"mala pianta"
e schiavizzar chi linfa
gli può dar.
Però,come per miracolo,
nel petto rigermoglia
con poderosa forza,
rispuntano verdi fronte
in ogni dove.
E l'uomo torna libero
così com'egli nacque.
26.4.2001
IL DUBBIO E LA FEDE
Il dubbio è un virus
che rode la coscienza,
solo la FEDE rasserena l'anima,
se questa poi barcolla
il dubbio dentro ti rimane
e t'agita frugando
nel pensiero,
senza poter mai distrigare
ciò che vorresti fare.
Non resta che impegnarti
a rinsaldar la FEDE
per ritrovar certezza
e viver la tua vita con saggezza.
29.11.2001
AL SOLE
Salve o sole!
Dagli interstizi delle persiane
tu'entri a salutar
chi ancora dorme,
il tuo luccichio
lo fa svegliar,lo fa gioir
sapendo d'esser vivo ancora
vedendo il tuo sorriso
sul mobile antico nella stanza,
Il tuo apparir
cancella i brutti sogni
che l'hanno spaventato.
Riode il cinguettio degli uccelli
come serenata mattudina
che annuncia il nuovo giorno,
risente il rumorio giornaliero
di chi a lavorar s'appresta.
Si desta e s'affretta
a spalancar le imposte,
spazia lo sguardo
e una smagliante luminosità.
lo avvolge.
Il sole lì a levante
brilla nel bel cielo azzurro
e inonda questa nostra
estesa valle verdeggiante.
Scenario maestoso,
miracolo sublime
di Chi dal nulla
tto questo fece.
27 aprile 2002.-
A GIULIA NEL GIORNO DELLA CRESIMA
Sei arrivata alquanto con ritardo
a diventar" soldata"di GESU',
ma Lui perdona col suo dolce sguardo
e ci accarezza sempre da lassú.
Ed è contento d'esserti arruolata
nel suo grandioso esercito cristiano
e prim'ancora d'essere sposata.
Il grande giorno ormai non è lontano.
Il nostro augurio è questo,cara Giulia,
nel giorno ancora più particolare
di rincontrarci tutti,pare a luglio?
Con te bianco vestita nell'ALTARE.
15 marzo 2003.-
A DON EZIO DEL GROSSO NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DEL SUO SACERDOZIO
CINQUANT'ANNI son trascorsi
da quando nel TEMPIO prostrato
sul pavimento disteso bocconi
formando col corpo la CROCE,
col VENI CREATOR SPIRITUS,
con gesto patriarcale,
il Vescovo dei Marsi,
a un figlio di Marruvium,
le sue MANI IMPOSE
Fosti Tu ORDINATO
DI ANIME IL PASTORE,
( non di pecorelle
che da bambino Tu accarezzavi)
con profonda umiltà
ti sottomettesti completamente
alla DIVINA MAESTA'
Fu il dono più grande
che Tu da DIO ricevesti.
TU ES SACERDOS IN AETERNUM .
Chi può attribuirsi
questo 'sì grande onore?
Soltanto chi da DIO è chiamato.
Così disse ad Aronne il SIGNORE:
" Prima di formarti
nel grembo materno ti conoscevo;
prima che tu uscissi alla luce
ti avevo consacrato..."
Così DIO Ti ha parlato
Tu fedelmen te l'hai servito.
Ti auguriamo di servirLo ancora
per altri lunghi anni,
serenamente e senza più malanni.
Tuo cugino Duilio
LA SPERANZA
Come si fa a leggerti dentro,
eppure l'anima ha gli occhi,
ma non sa leggersi.
Scruta in profondità,non ci riesce,
perché convive con l'accidia
portandola in sentieri sconosciuti,
impervi da condurla a sbandamento,
non fuori da pericolo imminente.
Bisogna reagir senza paura,
frustare quei pensier con violenza,
gettandoli al di là delle tue spalle.
Ma è difficoltoso fare questo!
Bisogna reagire con possanza,
strenuamente senz'alcun timore,
così certezza diventi la speranza.
12 aprile 2004
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