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la "DOMUS
Patrizia" La città romana si trova, oggi, a non più di 2.50 mt. di profondità rispetto allattuale piano di sedime del centro abitato. Recentemente, nella primavera del 1993 e nellautunno del 1994, una campagna di scavi condotta dalla Sovraintendenza Archeologica di Chieti, proprio nellarea più centrale del paese, il tratto di Corso Vittorio Veneto, compreso tra Santa Sabina e la vecchia caserma dei Carabinieri, ha portato alla luce una grande domus patrizia (abitazione privata) con bellissimi pavimenti in mosaico. A causa dellesiguità dei fondi, gli scavi, che hanno interessato unarea di circa 500 mq., si sono dovuti interrompere senza aver neppure completato il ritrovamento dellintera domus, che probabilmente si estende in misura maggiore della parte venuta alla luce. La domus con orientamento NE/SW presenta strutture in opera incerta. La disposizione degli ambienti risulta quella canonica con atrium di tipo tuscanio pavimento con mosaico nero e inserzioni di tessere bianche più grandi a formare un reticolato geometrico; al centro vi è I impluvium lastricato. Ai lati dellatrio si aprono due alae pavimentate con mosaico bianco con fascia perimetrale nera e tappetino daccesso con il motivo del meandro continuo; oltre latrio si aòcede al tablinum e lo stacco è evidenziato da un tappetino in mosaico bianco e nero, assai singolare e di ottima fattura, riproducente un portico con cancellate e tetti spioventi di cui non hanno riscontri in altri contesti; il tablinum èpavimentato con il motivo del cancellum nero su fondo bianco. Dal tablinio si accede alla sinistra di un triclinium pavimentato con mosaico bianco decorato con lalternanza dei quadretti, meandri e svastiche. Sulla destrasi apre un oecus, probabilmente lambiente più antico, testimonianza di una fase precedente, ma sempre relativa ad un edificio domestico; I oecus, monumentale sala da pranzo, è pavimentato con battuto bianco decorato da tessere nere disposte a reticolo di quadretti includenti inserzioni di crustae policrome; le pareti sono intonacate con riquadri decorati in finto marmo. Il tablinio mette in comunicazione anche latrio con il portico e il peristilio del giardino interno della domus, pavimentato con mosaico di tessere allungate bianche e inserzioni di crustae policrome e perimetrato da fascia nera. Il repertorio decorativo, di alta qualità e raffinatezza, sembra consentire lipotesi che la domus fosse strutturata su un progetto ben definitivo voluto da un committente da identificare con un personaggio di rilievo appartenente allaristocrazia marruviana. La prima fase delledificio sembra risalire alla fine de lI~ sec. a.C., mentre il repertorio decorativo fa ascrivere la globale ristrutturazione alla metà del V sec. a.C. Solo un proseguo degli scavi potrà fornire ulteriori elementi conoscitivi sui sistemi decorativi adottati a Marrivium e di indagine sugli interscambi culturali e artistici fra larea marsa e Roma, per verificare se e in che mi- sura si possa parlare di attardamento culturale fra questo ambiente periferico e il governo centrale. La datazione finora proposta farebbe propendere per una contemporaneità delle scelte decorative, forse da ricercare in un evidente e prolungato ancoraggio di una classe dominante presente a Marruvium, ma proveniente da Roma. Il sito archeologico, in senso stretto, dellarea della domus ha una larghezza di circa 25 mt. Nella direzione parallela a corso Vittorio Veneto ed una lunghezza accertata di circa 32 mt., per 18 mt. al di sotto dellarea libera della strada e dei marciapiedi, per il resto, è al di sotto dei fabbricati esistenti ai due lati della strada stessa. Oggi, attraverso un progetto per la valorizzazione del patrimonio archeologico del comune di San Benedetto, si è deciso di intraprendere la realizzazione di un museo in situ, integrato con la città moderna di cui è parte. Il progetto prevede lintera riapertura dellarea di scavo, fino ai limiti esterni del perimetro murario della domus in senso longitudinale e fin dove possibile in senso trasversale, senza intaccare i fabbricati esistenti. Lintento è quello di creare, attraverso lisola archeologa, un adeguato dialogo fra la città moderna e lantica Marruvium, già iniziato con altri recenti interventi quali quello sulla strada romana esistente sotto la Piazza della Chiesa Parrocchiale o quello sui Morroni Proponiamo adesso la pianta del sito La Domus di Marruvium Negli ultimi anni si sono verificate varie
occasioni di indagine archeologica nell'ambito dell'antico municipio di
Marruvium, odierno Comune di San Benedetto dei Marsi, legate per lo più
a interventi per la realizzazione di infrastrutture pubbliche. Questi
momenti di indagine, seguiti spesso dalla scrivente, hanno permesso di
integrare le conoscenze che avevamo riguardo il municipium e il suo impianto
urbanistico, con indicazioni utili relativamente alle prime fasi di attuazione
sino ad arrivare ad annotare I'effettiva settorializzazione in epoca tardo-antico
e alto medievale. Soprattutto i sondaggi preventivi alle opere pubbliche
effettuati nell'area compresa fra Piazza Risorgimento, Largo Bolognese,
Corso Vittorio Veneto a Via Grande hanno dimostrato come questa zona fosse
adibita a quartiere residenziale di domus gentilizie, precedentemente
ipotizzate nell'area denominata "Civita" (SOMMELLA-TASCIO, 1991,
p. 462). Infatti varie sono state le porzioni di abitazioni private individuate,
spesso pavimentate con mosaici di raffinata fattura e di indubbio pregio
(mosaici bianchi con inclusioni di tessere di vario colore, scutulata,sectilia,
ecc.), ma senz'altro eccezionale appare il repertorio decorativo della
casa di Corso Vittorio Veneto, che è stata oggetto di indagine
sistematica negli anni 1993 e 1994 da parte della Soprintendenza Archeotogica
dell'Abruzzo e di una recente azione di recupero e vatorizzazione per
opera dell'attuale Amministrazione comunale. La domus si configura come
un'abitazione gentilizia di vaste proporzioni, essendo stata messa in
luce solo per un'ampiezza circa 280 mq., relativamente alla sua parte
centrale, mentre altri ambienti appena individuati insistono ancora al
di sotto dei caseggiati moderni (pertanto potrebbe raggiungere anche i
400 mq. di superficie). Attraverso I'analisi di differenti momenti strutturali
e rimaneggiamenti, mostra di avere avuto una continuità d'uso dalla
fine del II sec. a.C. sino al IV sec. d. C. con una periodizzazione articolata
in piu fasi. II primo impianto vede I'associazione di strutture portanti
in opera incerta e malta di cattiva qualità. In fase con tali strutture
sembrano essere alcuni piani pavimentali, che mostrano una tessitura non
coordinata con le strutture. L'analisi strutturale e la tipotogia musiva
fanno risalire questo primo momento costruttivo ad un ambito cronotogico
di fine II sec. a. C.. Le riprese murarie si evidenziano mediante I'utilizzo
di murature realizzate in opera incerta associata all'opera quasi reticolata
con presenza di malta di qualità e consistenza migliori rispetto
alla precedente; I'opera incerta si regolarizza in prossimita delle aperture
con I'utilizzo di cubilia in un quasi-reticolato con catene di chiusura
e ammorsature angolari in blocchetti di opera quadrata. L'apparato musivo
relativo a questo momento strutturale a costituito da mosaici e motivi
geometrici in bianco-nero databili fra I'epoca cesariana e I'epoca augustea,
malgrado i1 perdurare di motivi tradizionali gia in uso in epoca sillana.
Ad età tardo antica risalgono gli interventi di rimaneggiamento,
restauro, cambio di funzione, che vedono il riutilizzo di elementi da
costruzione unitamente a tegole fratte o frammenti di laterizi; in questa
fase i piani pavimentati consistono spesso solo di semplici cocciopesti.
Infine, all'alto medioevo sono ascrivibili tutte quelle azioni di spoliazione
degli elementi lapidei, soprattutto di grandi dimensioni (basi di cotonna,
soglie, blocchetti in opera quadrata), e il rasamento delle strutture
murarie sino a quota pavimentale o di fondazione. La domus, attualmente
in vista, si caratterizza soprattutto per I'apparato decorativo di indubbio
pregio a di raffinata fattura, studiato e realizzato con estrema cura
in ogni minimo dettaglio. Purtroppo, ancora oggi, malgrado I'opera di
recupero del monumento, non è stato indagato I'ingresso della casa,
che possiamo immaginare avere un pavimento musivo di pregio adeguato all'apparato
decorativo generale, ma soprattutto non conosciamo il suo rapporto con
la viabilità sia in senso strutturale e spaziale, che in senso
stratigrafico. Recentemente è stato messo in luce I'ambiente relativo
alle fauces, pavimentato in mosaico decorato a squame delineate in bianco
su fondo nero e databile agli anni fra Cesare ed Augusto. Sul lato orientale
di tale ambiente si apre un cubiculum, la cui destinazione è resa
dal risparmio di una fascia pavimentata a semplice mosaico bianco, a lato
di un campo decorato da quadrati campiti bianchi a neri, sovrapposti nel
senso delle diagonali. Un tappetino in mosaico nero decorato con il motivo
del cancellum in bianco introduce all'atnum , che è del tipo tradizionale,
ampio oltre 100 mq, con pavimento musivo di tessere nere con inserzioni
di tessere bianche disposte in modo da formare due reticoli sovrapposti
di quadrati, secondo un motivo diffuso nella seconda meta del I sec.a.C..
L'impluvium risulta realizzato con tondo di lastre di calcare, mentre
la cornice della vasca appariva spollata in antico . Sull'atrio si aprivano
una serie di stanze, tutte precedute da una soglia con tappetino musivo:
le alae sono pavimentate con semplice mosaico bianco a fascia periferica
nera, ma I'entrata è segnalata da un tappetino con il motivo dell'alternanza
di meandri a svastica e meandri doppi: le due soglie differiscono solo
per I'uso invertito dei colori. L'ala occidentale fu ampliata mediante
I'eliminazione di un tramezzo ed il recupero di una porzione pavimentata
con cocciopesto. I1 muro di fondo che delimita la nuova stanza appare
realizzato con zoccoto in muratura con incavi per l'alloggiamento di una
struttura lignea, mentre un tratto murario in opera incerta e frammenti
di laterizi a scaglie lapidee oblitera la soglia d'ingresso. R.CAIROLI
fonte: Il tesoro del lago:l'archeologia del fucino
e la collezione Torlonia. CARSA EDIZIONI aprile 2001
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