PREFAZIONE
Questo opuscolo è stato scritto per i lavoratori, per ricordare
loro le pubbliche e private ladrerie a danno dei bilanci comunali. Sia
esso di richiamo ai cittadini traviati dai capi locali della cosidetta
ERA NUOVA, dalla quale aspettano il paradiso terrestre. Capi presuntuosi,
ignoranti ed infingardi, ai quali piace di vivere con le menzogne alle
spalle del contadino, che l'alba trova desto, mentre essi capi dormono
su morbidi letti. In questo scritto certamente vi saranno dei lievi errori
rispetto alle date e cifre.
Ma è cosa che non falsa i fatti e non infirma i giudizi. II lettore
avrà cosl, presente il quadro della situazione morale e materiale
passata e presente, tanto riguardo al Comune che alla popolazione. Questo
scritto è suscettibile di critica; ma essa sarà fatta a
base personale. Non me ne importa punto. I fatti sono fatti e la storia
non si smentisce.
Questo scritto è dedicato agli operai onesti, che lavorano nella
piaga del Fucino e specialmente a quelli che spinse nelle lontane Americhe
la miseria e I' oppressione dei tiranni locali, per procacciarsi un pane
meno amaro e meno costoso, ma dove molti nelle macchine degli opifici
lasciano brandelli della loro carne.
F. I.
San Benedetto dei Marsi, posto sulle sponde
del ex lago Fucino, prima del 1870 viveva di una vita patriarcale. I pochi
abitanti, circa 400, vivevano esclusivamente con la pesca e coltivavano
una piccola zona di terreno a cereali per i locali bisogni. La stagione
invernale la passavano quietamente in casa, riunendosi a volte i pochi
civili in una famiglia a conversare e divertirsi lecitamente. L'inverno,
a quell'epoca, era rigido, con cadute abbondanti di neve ed intense gelate,
tanto che non era possibile esercitare la pesca. Il gelo copriva parte
del Fucino, specie lungo la riva, con uno spessore di circa dieci centimetri.
I giovanetti vi pattinavano. Il prosciugamento del lago cambiò
completamente la vita dei forti e robusti pescatori, nonchè il
clima : oliveti, mandorleti e vigneti intorno al lago furono completamente
distrutti. Non rendevano più. Una corrente immigratoria intensa
si riversò nel paese, attratta dal guadagno che l'intensità
del lavoro della bonifica richiedeva. Gli abitanti della provincia di
Teramo e Chieti e specialmenta quelli della valle di Sulmona ed anche
molti di altre provincie, si riversarono a torrenti sul paese, come cavallette,
vennero a distruggere le altrui messi. E si videro alcuni di bassi istinti,
senza fede e senza coscienza, facce livide quadrangolari, con connessure
labbiali a sgembo ed anormali stature e con cognomi bastardi. In principio
erano umili e dimessi; poscia, preso piede nelle amministrazioni, dando
calci a destra ed a sinistra, si resero padroni del paese - questo si
riferisce specialmente al centrale Pescina - alcuni rettili, nativi dal
paese, vi strisciavano intorno per raccogliere le briciole, mentre il
popolo era calpestato.
II paese, da semplice villaggio quale era prima del 1870, in dieci anni
divenne un paese importante, con una popolazione superiore ai tremila
abitanti. Man mano che la bonifica avanzava, Torlonia affittava i terreni
a prezzi moderati. E questi terreni fruttavano a meraviglia nella contrada
di S. Benedetto, essendo quel territorio fertile, per la ragione che,
scorrendo sulla pianura di Pescina due fiumi, derivazione del Giovenco,
che percorrono la valle di Bisegna e raccolgono i rifiuti dei vari paesi
che attraversano, rifiuti che depositano nel lago presso S. Benedetto,
ove sboccano. Il lago era un ristagno pianeggiante senza sorgenti, ad
eccezione di tre o quattro fontane ardenti, che sparirono col prosciugamento,
e di qualche piccola sorgente rimasta sotto Celano. II basso fondo era
vicino e i lavori più intensi per la bonifica erano in quella località,
ecco la ragione perchè in S. Benedetto, rispetto agli altri paesi,
l'immigrazione fu grande e rapido l'aumento della popolazione e la vita
economica e sociale più florida. II paese aumentò le sue
ricchezze e con esse il tenore dí vita. Ma insieme a questo crebbe
il lusso e la debosciatezza, nonchè la lussuria; perché
mancò il freno e la educazione morale, dato che i capi della cosa
pubblica non l'avevano affatto. L'amministrazione comunale di ultima (
e cosi è di quella di oggi) egoista, paurosa, senza slancio, composta
di parrucconi, lasciò la frazione in balia di se stessa, anzi cercò
in tutti i modi di sfruttarla economicamente. Alcuni cittadini di questa,
di quelli più in vista, tostiamoci correre e si rinchiusero in
se stessi, anzi alcuni cercarono di sfruttare il forestiero. Si sa che
l’immigrato prima di stabilirsi in un luogo è sfruttato da
chi vi dimora da tanto tempo.Tutto era in balia degli eventi. I cosi detti
capi del paese non cercarono di dirigere, incanalare tutte le varie forme
di usi e costumi, di coloro che in pochi anni si erano riversati in S.
Benedetto, anzi cercarono di suscitare odi tra i forestieri ed i paesani.
In ultimo, però, 1'elemento forestiero, essendo più sveglio
e numeroso, si impose. Egoista e con un quid di delinquenza, prima si
insinuò umilmente e poi cercò di sfrattare la popolazione
del luogo. Accadde che qualche persona influente del paese prese a proteggere
gli immigrati, o per vendetta verso qualcuno o perchè il forestiero
si presta a schiavitù che il paesano non tollerebbe; sì
che i migliori del luogo furono cacciati dai migliori posti, per far posto
ai forestieri.I quali acclimatatisi, infusero in quelli del paese quei
vizi e quell'egoismo, che avevano portati con loro. ln seguito con l'incrociarsi
nelle varie famiglie, mediante matrimoni, avvenne una certa fusione. Questa
fusione dei vari caratteri, nelle diverse tendenze, dei vari modi di intendere
la morale avrebbe dovuto portare ad un miglioramento dei costumi e ad
una più ampia concezione dei diritti. Invece il paese si tuffò
nel fango, tanto che non rimase salva il più pallido fiore di onestà,
come avviene perfino nei bassi fondi delle metropoli nazionali ed estere;
onde si sentiva di freguente certe guardie ignobili cianciare di rottura
di scatole, tegami ed usare altre frasi nauseabonde. Egoismo in famiglia;
egoismo in società; egoismo nei divertimenti. .L'educazione dei
figli ne risentì assai. Ed è naturale sia stato così
poichè il fanciullo non si educa nella scuola, ma in famiglia.
La scuola insegna a leggere ed a scrivere; non l'educazione. I maestri
non sono capaci di educare, o non se ne curano per pigrizia. Pochissimî
maestri sentono la responsabilità del proprio dovere. E lo spettacolo
che vede il fanciullo in casa e che si ripete per anni è impressionante.Il
marito che batte molto di freguente la moglie, questa che gli si avventa
per graffiarlo in viso ; e oltre questo gli insulti, le oscenità,
le bestemmie. Ed i padri che di continuo rientrano in casa ubriachi e
che vanno a bere col figlio nelle bettole, e quando questi è grandicello
a fare la passatella insieme; altri mettono ín urto i figli fra
loro preferendo l'uno ad un altro. Le mogli che rubano al marito, e i
mariti che rubano alle mogli, e i figli che rubano ad entrambi, per alimentare
quei vizi, nei quali il padre ha dato e ne è d'esempio, Non c'è
da meravigliarsi se il figlio diviene l' immagine del padre, e se scoppiano
liti fra i due. II padre dimentica che i difetti ed i vizi che rimprovera
,al figlio, glie li ha istillati goccia a goccia fin da fanciullo. ;ma
v'é di peggio. Lo sfruttamento del figlio minorenne da parte del
padre per mantenere i propri vizî; per cui il primo cresce nella
ignoranza. Ecco il quadro desolante della vita in seno alla famiglia.
Le eccezioni son poche, anzi pochissime.
II piccolo risparmio non esisteva, nonostante l'egoismo, Vita debosciata,
spendereccia, senza dignità, senza desiderio di un migliore avvenire,
e di qui, debiti con le banche, con le cantine, con i conoscenti. Molti
rifuggevono dal lavoro. Cercavano di impiegarsi come guardie nel Fucino
durante il periodo estivo-autunnale, usando tutti i mézzi di raccomandazioni,
fino a quello di prostituire le proprie donne. E quando un carro di generi
stava per uscire dal Fucino si facevano avanti come tanti briganti, essendo
cani mastini di proprietà usurpate. Solo pochi lavoravano, poiché
tutto il lavoro campestre era esercitalo dagli immigrati temporanei, che
nella estate sono ancora numerosi. Questo rilassamento di costumi ha fatto
sì che l'economia domestica, ossia il risparmio, affatto assicurato;poi
si sono aggiunti un po' di avarizia e di boria quando i terreni hanno
fruttato di più. Molti non avevano casa e se la fecero; ma il risparmio
non andò più in là. Date queste condizioni favorevoli
allo sfruttamento si riversò sopra S. Benedetto una banda di medici,
di avvocati, di agrimensori, di usurai e di spie. E tutti fecero bene
i loro affari. Dopo il 1902, anno in cui fu posta la conciliazione in
S. Benedetto si sono veduti scendere da Pescina dei mozza orecchi a difendere
le cause e citare a sproposito pareri e sentenze di cassazione. C'era
un sarto del paese, che parlava di codice vecchio e codice nuovo come
un avvocato. Ricchi a S, Benedetto non ce ne sono mai stati e neppure
ora ce ne sono. Ma l'esempio degli scialacquatori travolgeva, nei giorni
festivi, quei pochi benestanti fra gl'ingranaggi della debosciatezza,
specialmente riguardo al bere vino e liguori, piaga che esiste tuttora
nel paese.
Di qui le liti per motivi futili e che finivano nelle aule giudiziarie.
Gli avvocati presuntuosi e senza cultura riempivano il portafogli ed ingrassavano
come tanti suini, tenendo anche legati per la gola e calpestando quegli
stessi che elargivano in dono il benessere. Le cose proprie si accomodano
meglio in casa che nei tribunali, preture e conciliazioni. questa banda
di predoni, che Pietro Gori chiamava la peste dell'umanità, questi
sfruttatori della imbecillità umana, l'ebbe a battesimo a S. Benedetto
qualche faccendiere e qualche famiglia facinorosa, allo scopo di tenere
sotto i piedi il paese intero e fare insieme alla banda i proprî
affari. E' stata pel paese una vergogna ed insieme una cuccagna.
Non si fu previdenti. Si credette che i terreni del mulino non si esaurissero
mai; si spendeva e spandeva senza riflessione, a casaccio, e ad anni di
abbondanza seguirono quelli di miseria.
I fitti dei terreni aumentarono e quindi una spaventevole miseria si produsse
nel paese. Alcuni, emigrarono nelle lontane Americhe. Ci fu un periodo
nel quale chi dirigeva la cosa pubblica dava esempio manifesto di immoralita,
torti, ingiustizie, vendette. Si arrivo a legittimare il furto; in vari
casi divenne un dovere Ingannare, dovere l'accrescere la prostituzione.
E con tal sistema si alimentava il basso livello morale sorto tra il miscuglio
di gente dei varî paesi. Ancora si lasciava libero campo ai dipendenti
del Comune ladri, debosciati e lussuriosi; delinquenti. Costoro erano
usati come spie, si introducevano anche nelle famiglie con scopi illeciti,
e dei servizi pubblici non si curavano affatto.
Tale era il paese prima del terremoto. Se nonchè vi erano alcune
persone trattabili e dopo che alcuni giovani suscitarono la lotta contro
Pescina, queste, per esclusivo interesse personale, (alcune erano affiliare
alla camorra pescinese) combattettero accanitamente contro l'idea emancipatrice
del paese. Sfido io : ne scapitava la borsa ed il decoro personale, decoro
fondato sulla ignoranza e non sull' agire morale e civile. Ne nacque quindi,
nel 1914, una lotta tra Pescina e S. Benedetto, che assunse un aspetto
tragico. Fa ucciso per errore, un ragazzo di Pescina.
Pescina finàlmente si rassegnò, e le pratiche per la separazione
procedevano con una certa rapidità. Ma il terremoto troncò
tutto. Dopo venne la guerra e con essa la crisi economica e 1'abbattimento
morale seguito al cataclisma tellurico divenne più grave e della
costituzione del comune m S. BENEDETTO non se ne parlò più
per varî anni. Frattanto nel 1920 le pratiche ricominciavano e,
naturalmente, quell'entusiasmo di prima non c'era più, e Pescina
ne approfittò. Nel 1922 la discussione sulla limitazione dei confini
territoriali fatta dai commissari di entrambi i paesi, con 1'ostruzionismo
di quelli di Pescina, si prolungò per tre mesi e non si concluse
nulla. Si è insistito per un arbitro. II prefetto nominò
arbitro un ingegnere; ma questi fu minacciato con lettere anonime dai
Pescinesi; per cui, dopo un po' di tempo, si dimise. Bassezza e vigliaccheria
di Pescina che teme di perdere la cava d'oro . Se ne nominò un
altro. Questi richiese una garanzia in denaro dai privati del paese. Gli
é stata data. Siamo all"anno 1926 e non si parla più
di autonomia comunale.
(1) Nel dicembre 1924 in S. BENEDETTO .... l’entrata del dazio in
S. BENEDETTO é stata di lire mille e piú di Pescina.
CAPITOLO II. Storia Amministrativa
San Benedetto, come si é detto,
prima del 1870 contava appena 400 abitanti o giù di lì,
vi era lo stato civile dei nati e dei morti, che fu soppresso. E mentre
daì 1870 al 1880 i lavori di bonifica del Fucino erano al massimo
fervore e il paese pieno di lavoratori Forestieri, la corrispondenza non
era portata neppure da un impiegato postale. Solo qualche volta I'usciere
di conciliazione di Pescina la portava in tasca, in S. Benedetto. E così
lettere e cartoline andavano spesso smarrite. Un corrriere postale cominciò
a far servizio nel 1884. Da Pescina veniva a S. BENEDETTO a distribuire
e prendere la corrispondenza imbucata in una cassetta postale situata
in piazza, e non tatti i giorni.Finalmente nel 1887 fu posta una colletteria,
ove il segreto postale non era affatto garantito. (1) Inutile ricordare
le peripezie di quest'ufficio. Solo nel 1899 fa posto un uflicio postale;
ma funzionò reale fino al 1902. Dopo questo anno detta una certa
garanzia. Sarebbe stato necessario il telegrafo, essendo S. Benedetto
il principale sbocco del Fucino, solo recapito, quindi, di molti commerciantì.
Ma neppure questo fu concesso. Nel 1915 fìnalmente si potette avere
tutto ciò perchè Pescina non voleva perdere í forestieri,
che fruttavano. Chi va per affari in un paese vi lascia sempre qualche
po' di soldi. A S. BENEDETTO le strade erano strette e nell'inverno molto
fangose, e molto polverose nell'estate. In orni stagione sempre immonde,
non essendovi spazzini.Nel 1877-78, causa l' affollamento degli operai
per la bonifica del Fucino, una epidemia di tifo mietè molte vittime
ed il Comune non prese alcun provvedimento. Un solo spazzino, e per giunta
invalido, fu nominato dopo il 1880. Nel 1888 fu nominata una guardia municipale
semianalfabeta, raccolta nei bassi fondi e con tare di delinquanza, non
per sorvegliare i servizi pubblici, ma per fare la spia e riferire tutto
ai dirigenti. E, cosa ancor più stupefacente, gli fu dato l'incarico
di ufficiale sanitario. Niente scuole. Un prete. ignorante e brigantescamente
manesco, una maestra di perversi costumi. Una fontana infetta, un cimitero
ristretto, una strada nel mezzo del paese e molto frequentata, tortuosa
e mal tenuta. Bisogna notare che dal 1877, causa l'immigrazione, nel paese
si incominciò a fabbricare di più e celermente e, non essendovi
una commissione edilizia, sì costituì a casaccio e con vie
strette. Le epidemie ricorrevano ogni anno: scarlattina, morbillo, vaiolo,
difterite ecc. In Pescina questo non avveniva. Oggi non si verifica più
per l'ampiezza delle strade e la ventilazione continua, nonostante il
fango e la lordura che non mancano, e sono se non peggio, certo come prima
del terremoto. Le guardie campestri facevano le contravvenzioni capricciosamente
e le transitavano ed annullavano secondo quello che il presunto colpevole
offriva ad esse. Una vera cuccagna. In Pescina, poi, questo avveniva ancor
più di frequente. Si racconta che un assessore, tra il 1889 ed
il 1891, girava pel paese, faceva le contraverrzioni e si metteva il denaro
in tasca. Cosi un contadino di Pescina con due o tre giornate di lavoro
a favore di un impiegato si risparmiava di pagare 15-20 lire , di tassa
bestiame. La giornata a quei tempi costava una lira, non si metteva nel
ruolo. Questo si faceva come piaceva ai capi, i quali non pagavano affatto
o pagavano poco, Si vuole anche che i capi non pagassero le tasse all'esattore
poste nei ruoli. Egli le abbandonava, per avere altri introiti indiretti
ed illeciti. Mi si dice che anche oggi avvenga cosi a S. Benedetto. Può
darsi, e se ciò avviene è per tenersi ligi quelli che possono
influire sul popolo. Così in Pescina si aveva esempio di furto
legittimàto, ed avveniva una lotta a chi poteva pagare di meno
e si faceva a gara a chi poteva offrire più regali per avere agevolazioni.
Una tale corruzione in S. BENEDETTO é divenuta abituale e si è
veduto nell'occupazione delle baracche e dei padiglioni. Così gl'impiegati
ed i subalterni acquistavano autorità. II Comune era una sagrestia,
ove entravano solamente i capi e gli affiliati a questi. Nessuno vi poteva
entrare. non per diritto, ma per suggestione e timidezza. Era esclusiva
proprietà del segretario e compagnia.
Dopo il 1901 le cose andavano ancora cosi. Un signore di Pescasseroli
disse ad un pescinese : “E' vero che nel vostro paese quando un
individuo ha bisogno di denaro si fa fare un mandato da scontare in seguito
con lavori da fare nel comune?” Quello rispose: “Veramente
non so; ma é possibile, giacché gli amministratori del comune
sono indolenti e trascurati.” Il padrone del paese era il segretario
di allora, Giacomo Barbati. Era sindaco, assessore, etc. Nel bilancio
figuravano spese arbitrarie ed alcune nei conti consuntivi erano per fino
il doppio di quello che si era speso. Cito un fatto. In una seduta consiliare
il consigliere Bernardo Sanbenedetto osservò che in una spesa nel
conto la somma risultava doppia. L'assessore Palladini rispose che la
spesa non era di lire 700, ma che un perito l'aveva giudicata di lire
700. Sia pure, rispose il consigliere in parola, ma nel conto figurano
lire 1200. A questa risposta l'assessore Palladini tacque. II seguente
aneddoto dimostra l'accordo tra i capi ed i subalterni.Il mese di luglio
1900 scarseggiava l'acqua per l'irrigazione. Un tale di Venere per irrorare
una piccola zona di terreno dovette regalare cento uova al capo guardia
municipale. Con esse sì fece un frittalone, che fu mangiato al
casino del prete Di Genova dalla cricca comunale, compreso il sindaco.
Nel 1901 un gruppo di giovani ingaggiò una lotta, onde sottrarre
S. Benedetto dalla oppressione di Pescina. La cricca per calmare il pubblico
e rimanere al potere nel 1902 creò un ufficio comunale in S. BENEDETTO,
una specie di sezione ridotta con relativa conciliazione. E, naturalmente,
richiamò da Ovindoli un pescinese, Pasquale D' Alessandro, allo
scopo di meglio piazzarlo. La lotta costò fatiche e spese onoerose.
I soliti processi imbastiti per far guadagnare avvocati tartufi ed impinguare
l'erario dello stato. I provocatori erano preti e presunti nobili, che
agivano nell'ombra ed erano invulnerabili.Si dovette lottare per tre anni.
Ed intanto una camorra di faccendieri pescinesi occupati a scribbacchiare
(nel 1904 ce ne erano sei) e a rosicchiare il bilancio comunale. E questo,
sempre in diminuzione, si ricolmava con tasse vessatorie. Ma il deficit
aumentava. Chi pagava lo scotto era sempre la povera frazione, S. Benedetto.
Per i numeri e i bilanci Vi rimandiamo
a consultare l'opuscolo "Storia morale ed economica di S.Benedetto"
di F.Ippoliti- Biblioteca Comunale