Emilio CERASANI
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Emilio Cerasani

San Berardo

"S. Berardo, vescovo dei Marsi della cattedrale di S. Sabina, nacque a Colli di Montebove, castello marsicano, vicino a Carsoli, da Berardo 111 e da Teodosia dei Conti dei Marsi nell'anno 1079. Fu educato cristianamente dai suoi genitori e affidato per la successiva educazione al capitolo di S. Sabina nella città Marsia, sotto la direzione del vescovo Pandolfo che lo aveva anche come commensale. In seguito, dietro consiglio del citato vescovo, fu condotto dal genitore nel monastero di Montecassino, dove sotto la scuola di quei monaci, distinti per santità e dottrina, conseguì una preparazione in tutte le scienze ecclesiastiche tanto che, nelle questioni più difficili e controverse, sempre si ricorreva al suo profondo e retto giudizio.
Il Papa Pasquale II, venuto a conoscenza che oltre al corredo di tante virtù, S. Berardo possedeva un carattere spiccatamente caritatevole verso il prossimo, lo consacrò vescovo, affindandogli la diocesi marsicana, dove nonostante la sua innata umiltà, intraprese con coraggio l'opera di risanamento con l'estirpare la simonia (peccato di chi concede per lucro beni spirituali), ripristinando la disciplina del clero, fuorviato dall'arbitrio dei potenti vassalli.
Nell'attuare queste riforme, andò spesso incontro alla resistenza dei baroni e dei tirannelli, sopportando insidie e ingiurie di ogni tipo per cui era costretto a sottrarsi alla morte, ora a seguito di organizzate sassaiole, ora evitando cibi avvelenati preparati a bella posta da mano sacrilega. Ciò nonostante il suo animo altamente caritatevole verso il prossimo e verso i suoi nemici, fece sì che i suoi persecutori, pentiti di ogni errore commesso, implorassero piangendo il perdono per tutte le loro colpe.
Per questo ed altri meriti fu premiato da Dio con singolari prodigi avvenuti mentre era ancora in vita.
Nel suo episcopio era sempre imbandita la mensa per i poveri come pure solleciti erano i soccorsi che inviava ai più bisognosi.
La sua vita fu un luminoso esempio di pazienza, di bontà e di amore nella più dolce umiltà.
Il giorno 29 agosto 1130, consacrato alla martire S. Sabina, S. Berardo celebrò nella sua cattedrale l'ultima messa pontificale, alla presenza del capitolo e di quasi tutti i parroci della diocesi. Nell'omelia che pronunciò descrisse la caducità della vita, predisse la sua morte, ripetendo più volte che da quell'altare non avrebbe più offerto il sacrificio incruento dacchè gli altri pochi giorni che gli accordava il Signore, doveva spenderli, visitando la diocesi, per portare a compimento l'altissima sua missione. Dopo aver sistemato le cose che gli erano rimaste incompiute, intraprese per l'ultima volta la visita alla diocesi; il giorno otto del mese di settembre giunse a Celano, dove fu assalito dai violenti dolori dell'epatite dai quali era spesso tormentato. Rimase lì per molti giorni nei quali continuò a dare ordini per il bene di quella chiesa di S. Giovanni e delle altre chiese di Celano e dei suoi sudditi. Sentendosi sul punto di morire, nonostante i medici facessero il possibile per ritardare la sua partenza, data la gravità del suo stato di salute, rientrò nella propria sede, dopo aver ringraziato i celanesi per tutte le premure che gli avevano usato.
Cinque giorni prima della sua morte, che predisse a tutti i fratelli che si erano riuniti attorno a lui, rivolse il seguente commovente discorso quale ultimo suo testamento:
"Fratelli che sempre siete stati la mia gloria, la mia lode, il mio onore, la mia corona, l'anima, la vittoria e la salute mia, voi che conoscete benissimo essere per me già prossima quell'ora estrema nella quale debbo presentarmi a rendere conto dell'operato in vita dinanzi all'Altissimo, voi che ricordate quanto io abbia fatto con i vostri saggi consigli per questa chiesa dei Marsi, voi che siete certi avere io consumato per alimentare i poverelli, l'oro e l'argento nonchè le sostanze lasciatemi dagli avi per patrimonio o datemi dalla chiesa per sostenimento, mi sono serviti per alleviare la mendica povertà e per donare pregevoli opere che innalzano ai fastigi questa fabbrica ed aver conservato per me il solo cumulo delle virtù che devono accompagnarmi nel cielo". Dopo aver dato questi ed altri luminosi esempi di pazienza e di virtù, morì il mattino di lunedì del 3 novembre all'età di 51 anni.
Nella cattedrale di S. Sabina furono celebrati con pompa solenne i suoi funerali alla presenza di una folla immensa accorsa a piangere amaramente la perdita del loro pastore. Quindi, essendosi per sua intercessione guariti alcuni ossessi e risanati altri infermi, fu sepolto nel luogo preparato nella navata di destra di quella chiesa. Nei giorni seguenti fu così intenso il concorso dei fedeli che il prevosto Stefano fu costretto a tenere aperta la cattedrale dalla mattina alla sera per evitare la ressa all'ingresso del sacro tempio. In quei giorni avvenne che una donna cieca di Lecce riacquistò la vista.
I Benedettini che allora abitavano poco lontano, nel monastero dedicato a S. Benedetto e a S. Anastasio, incominciarono a venerare S. Berardo con solenni e devote processioni e si videro innumerevoli prodigi operati dalla mano onnipotente che volle così manifestare il posto sublime che occupava nel cielo S. Berardo.
G. Signino, già ricordato nel corso di questo lavoro, testimone oculare nel collegio di S. Sabina, cita il nome e il paese d'origine dei moltissimi miracolati dal santo, ora venerato patrono di Pescina, dove tutta la Marsica si reca, con viva devozione, ai solenni festeggiamenti, in suo onore, il primo e il due maggio di ogni anno

Emilio Cerasani: riassunto dalla vita dei Santi dell'Ughelli

 

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