Le
dodici statue, fra cui quelle di Claudio, di Agrippina e di Nerone che,
tornate a luce nel 1752, furono mandate ad ornare la Reggia di Caserta,
si rinvennero fra gli avanzi del teatro di Marruvio. Il sito che ora la
tradizione indìca come quello ove furono scoperte le statue summenzionate
trovasi nello interno dell'attuale abitato, alla contrada detta Largo
di Genova dalla casa dei sig.rì di questo cognome. Dinanzi a questa
casa, il terreno è notevolmente più alto della sottoposta
via Romana, verso la quale per il vicoletto chiamato Forno del Lupo, va,
prima con molta rapidità, poscia più lentamente declinando.
La predetta casa dei sig.ri Di Genova, dinanzi la quale separatone perpendicolarmente
da una strada, si diparte il vicoletto del Forno del Lupo dista dalla
via romana poco meno che m. 40. Gli avanzi di antiche costruzioni che
si osservano in questo luogo sono i seguenti:
Salendo pel menzionato vicoletto a circa 15 metri dalla via Romana, si
trova a sinistra la casa di Luigi Tarquini fu Giuseppe dinanzi alla quale
si vede un pezzo di muro cementizio silicico lungo circa m. 4, elevato
da terra m. 0,40; e proseguendo in su quasi altrettanto, si incontra sulla
stessa linea la casa di Alessandro Cataldi che è l'ultima del vicoletto,
e che nella facciata che sorge in questo è costruita su un muro
antico, il quale all'altezza di circa m. 1,20 dal suolo presenta una notevole
superficie tuttora ricoperta di fine reticolato.
Sul prolungamento poi verso destra del prospetto di questa casa il quale
dà sul largo di Genova, si scorge, poco rilevato da terra un pezzetto
di muro anche reticolato, lungo circa mezzo metro che fa angolo retto
con la facciata sul vicoletto del Forno del Lupo, ed alla estremità
di questo pezzetto di muro si diparte un altro di simile natura e costruzione,
in brevissimo tratto (circa mezzo metro) si reinterna nel terreno sotto
il vicoletto e sotto le case adiacenti e sovrastanti.
Tale muricciuolo sembra accennare ad una linea curva, ma essendo troppo
corto ci è stato impossibile accertarsi di questa sua forma e molto
più di stabilirne la corda per ritrovare il centro del cerchio
al cui arco avesse potuto appartenere. E questo punto dista dalla via
Romana per metri 32.
Dalla relativa giacitura dei suddescritti avanzi sembra fuor di dubbio
che ci troviamo in cospetto di una delle scale per cui si montava nelle
cavee, e che di quella l'ultimo dei descritti muricciuoli fosse un gradino,
mentre l'altro che con questo fà dente, apparteneva al parapetto
di essa scala.
Il muro poi che con quest'ultimo fà angolo retto e sul quale è
costruito la casa dei Cataldi ci dimostra che 1a sunnominata scala sia
quella esterna del primo cuneo di sinistra della prima cavea superiore,
mentre il muro stesso dovrebbe rappresentare la parte di fronte alla apertura
di quella specie di ala che risulterebbe formata dalla faccia del proscenio,
dal muro in discorso e dalla linea comprensiva dei prospetti della scala,
della recinzione, e della cavea inferiore.Il muro, poi, che si trova dinanzi
la casa di Luigi Tarquini, alquanto in fuori della linea del precedente,
avrebbe dovuto appartenere a qualche parte del proscenio.
A dare una più precisa idea della casa, abbiamo riprodotta metà
della pianta del teatro di Ercolano, segnando in azzurro le linee che
noi crederemmo corrispondere a quelle dinanzi esaminate. Considerando
poi che la distanza fra il proscenio e la estrema scaletta della prima
cavea superiore nel teatro di Ercolano è di 14/70 circa della lunghezza
totale dell'edifizio, e che la distanza nel teatro di Marruvio fra i punti
corrispondenti sarebbe appunto di 14 metri allo incirca, se ne potrebbe
dedurre che la lunghezza totale di questo avesse dovuto essere di circa
m. 70. Con ciò il porticato esteriore avrebbe dovuto trovarsi sul
lembo della via romana ed essere eretto sul luogo delle mura, od almeno
in tale prossimità a questi, da renderne impossibile la scarpata
di terra, la cui base non poteva essere minore di 20 m. circa se l'altezza
originaria delle mura avesse dovuto misurare solo fra i 10 e 15 metri
sul piano della città.
Ma tal cosa sembrerà meno strana se si riflette che dalla pianta
Mr Rossi risulta che questo Prelato osservò gli avanzi del Ginnasio
in pari prossimità delle mura sulla via Romana.
E l'uno e l'altro fatto potrà spiegarsi con ciò, che nella
lunga pace portata in questi luoghi dall'impero romano, non ravvisandosi
più così necessarie come per lo innanzi le mura di cinta,
e preferendosi invece più ampio orizzonte e miglior giunco d'aria,
i cittadini di Marruvio avessero affatto demolito gran parte delle loro
mura (che per altro, come notammo, fin dall'epoca del prolungamento della
Valeria avevano perduto importanza) e quindi rimossane la scarpata, specialmente
in questo lato della cinta che prospetta la più vasta e meglio
ventilata campagna.
Eguale spiegazione danno gli archeologi di simile fenomeno che si riscontra
in Pompei, ove le mura che guardano il mare si veggono in gran parte demolite
e nel loro luogo costruiti numerosi edifici.
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