Nel luogo dove oggi serge San Benedetto dei Marsi, esisteva una città
chiamata Marruvium. I popoli marsi ebbero in essa la loro capitale. La
sue origine è testimoniata già da tempi antichi da numerosi
scrittori: Virgilio, Silio Italico e Strabone. Virgilio nel settimo libro
dell'Eneide annovera, tra i guerrieri accorsi in aiuto di Turno contro
Enea, il fortissimo Umbrone della gente Marruvia. Lo rappresenta con l'elmo
ornato di foglie di ulivo, ed esperto nell'arte di addormentare col canto
e con l'imposizient delle mani, le vipere, delle quali placava l'ira a
curava i morsi.
"Quin et marruvia venit de gents sacerdos fronds super galeam
et felici comptus olive, Archippi regis missu fortissimus Umbro vipare
generi et graviter spirantibus hyidris spargere qui somnes eantuque manuque
solebat muleebat iras et morsus levabat" (Virgilio,
Eneide libro VII vv. 750-55)
Le parole di Virgilio sono importanti
perchè, mentre denotano la remota antichità della città,
fanno supporre la. priorità del nome"'Marruvium" rispeto
a quello dei Marsi. La filologia moderna esaminando la frase di Virgilio,
ha confermato la tesi che spesso il nome del popolo veniva indicato col
nome della città e viceversa. Il nome esatto della città
fu Marsas Marruvium come testimoniano due lapidi rinvenute in S. Benedetto.
Non si conosce bane l'origine di questo nome; alcuni studiosi fra cui
Silio Italico, affermano che derivi da "Marrus", uno dei capi
Pelasgi il quale, dopo aver abbandonato la propria tribù, si stabilì
sulle rive del lago Fucino; altri sostengono che esso abbia origine dalla
parola pelasgica o sabellica "Marra" che significa palude. Quest'ultina
ipotesi è accreditata dal fatto che la città sorse proprio
nelle vicinanze degli acquitrini formati dalle inondazioni del lago e
dal fiume Giovenco. Altri ancora lo fanno derivare da "Marrubiun
vulgare" o Marrobio acquatico, erba spontanea che cresceva sulle
sponde del lago nei dintorni della città. "Sorse in amena
pianura sulla sponda orientate del lago Fucino. E' favola il racconto
di Frate Giovanni Alberti, che, sorta in altra sponda di questo lago,
ne venisse anch' essa, come Archippe, assorbita e che ai tempi suoi la
trasparenza delle acque ne mostrasse le rovine". (1)
Il Febonio accetta per vera questa favola, e crede di ravvisare tali.
rovine in certe mura antiche, da lui rinvenute in un campo tra Ortucchio
e Lecce, dette Marcio e Marro; mentre secondo il Cluver la città
era situata nella terra di Morrea. (2) L'Holstein
rivoluzionò tutte queste ipotesi identificando, nel 1665, l'ubicazione
precisa di Marruvio nel sito dove oggi sorge S. Benedetto. La tesi dell'Holstein
fu confermata dal Romanelli che si servì della tavola
Peutingeriana, per dimostrare con precisione matematica, che
Marruvio era distante da AIba 13 miglia quale è appunto la distanza
odierna che intercorre tra Alba e S. Benedetto. Avvalorò questa
afferrnazione riportando le.due iscrizioni
lapidali rinvenuti presso S. Benedetto e dedicate rispettivamente a Modesto
Paolino e a Marco Mario.
Riportiano il testo della prima dedicata a Modesto Paolino che si trovava
nella casa del signor Giuseppe Melchiorre di Pescina E che andò
dispersa nel terremoto del 1915:
C0. MODESTO PAV
LIIv'C C: V
PRAEF. URBIS. FERIARUM
LATINARUM. QUESTO
RI. URBAN0. AED. CER,
PRAETORI.. EODEMO.
TEMPORE. PRAETORI.
AETRUR. XV. POPUL OR
CUR. REIF, SPLENDI
DISSIME. CIVITATIS
MARS. MARR, EODEM. tem
pore. ET.CVR. VIAR. TIB. VAL.
ET. ALIM. PATRONO. Abst I
NENTISSIMO
il Dessau l'ha così decifrata: "Cum Modestus Paolinus, clarissimus
vir, praefectus urbis feriarum latinarum quaestor urbanus, aediles ceriatis;
praetor tempora praeter Ettruriae quindecim populorum curator republicae
marsorum Marruvii eodem tempore et curator viarium tiburtinae Valeriae
et aliarum patronus Marsorum Marruvii". (3)
Marruvio essendo situata in pianura., aveva una posizione di centro per
i traffici commerciali e posssedeva una rete viaria che la collegava con
tutti i centri del Fucino:
Una prima via da Marruvio risaliva la valle del Giovenco e giungeva a
Milonia, Plestinia, Fresilia e Auficelia nel Sannio.
Una seconda via, partendo da Marruvio a raggiunta Milonia, passava per
Cocullo e portava a Corfinio la capitale dei Peligni. Una terza via partiva
da Marruvio a attraverso Forca Caruso raggiungeva Corfinio.
Una quarta via passando da Marruvio per Pago di Venere portava a Pestinia.
Una quinta via , da Marruvio circonvallando il Fucino, ad oriente, giungeva
ad Alba Fucense.
Una sesta via conduceva a Cerfennia.
Una settima via da Marruvio passava per Ortigia(Ortucchio), Archippe (Arciprete)
e toccando il Santuario di Angizia(Luco,) e il tempio di Giano (Avezzano)
portava ad Alba.
Oltre a queste strade intermedie, passava per Marruvio l'importante via
Valeria, strada consolare Romana che congiungeva Roma con Corfinio, capitale
dei Peligni, e più tardi con l'Adriatico (4)
.
Per mezzo della via Valeria, Marruvio controllava la strada che da Roma
portava a Corfinio. Sono quasi inesistenti le notizie su Marruvio prima
che ottenesse la Cittadinanza Romana. Gli storici sono d'accordo nell'affermare
che Marruvio fu sempre città libera, temuta e rispettata dai popoli
vicini.
In questa città si riuniva la Dieta che dettava le leggi, nella
quale si insediavano i capi, i dignatari ed i sacerdoti. Roma stipulò
covenienti accordi coi Marsi, poichè, questi si distinguevano nelle
battaglie per la robustezza fisica e per il valore;
è noto il detto dello Storico greco Appiano:."'Una volta si
diceva che nè contro i Marsi nè senza i Marsi si poteva
avere un trionfo".
1 )
Sclocchi Renato., Storia dei Marsi dalle età più antiche
al 1911 pag. 1:5 L'Acruila 1911
2) Clover: Italic antiqua, libro IT cap. 15
3)DESSAU:" Proseaografia Iparii Romani Berolini MDCCCLXXXXVII pars.
II,.,
, 4) Questa strda fu costruita to per tenere in soggezione Equi, Marsi
a Peligni ed ebbe nomi diversi; da Roma a Tivoli si chiamava Tiburtina
da Tivoli a Cerfennia fu chiamata Valeria; da Cerfennia a Corfinio Claudio-Valeria;
da Corfinio a Pescara ebbe infine il nome di Claudia appunto perchè
fu portata a termine sotto Claudio.
Con questi. trattati chiamati "Foedera"
determinate comunità divenivano alleate (civitates foederatae o
Sociale). Marruvio fino alla guerra Marsa fu certamente una città
confederata. . I Marsi si dimostrarono fedeli a questi accordi quando,durante
la seconda guerra Punica, non accolsero l'appello di Annibale che li esortava
a ribellarsi a Roma. Anche il cosiddetto bellum sociale, cioè
la guerra che varie comunità (specie tra i Marsi, i Peligni, i
Sanniti, i Lucani ) intrapresero contro Roma (91-89 a.C. ), mostra che
questi popoli non miravano alla distruzione di Roma, ma anzi volevano
essere incorporate in essa passando dalla categoria di socii a
quella di cives. Questa guerra fu chiamata Sociale o Marsa: sociale
perchè i popoli italici miravano al riconoscimento dei diritti
civili, Marsa perchè ebbe nei Marsi i suoi principali sostenitori..
Durante tale guerra, Marrurvio si fece promotrice di una lega di resistenza,
a capo della quale fu posto il marso Poppedio Silone.
La capitale nominale della lega fu Corfinio ma quella. di fatto Marruvio.
I romani al termine di questo conflitto furono costretti a concedere il
diritto di cittadinanza a questi popoli.
Lo studioso Rosato Sclocchi afferma: "dicesi che tra le depredazioni
patite da Marruvio nella sua caduta in mano ai romani sia stata la rapina
e il trasferimento a Roma di una vetustissima statua che, secondo alcuni
, rappresentava Marte Libero, secondo altri Marsia o quel Marrone che
Silio Italico dice fondatore di questa città (1)
Conclusa la guerra sociale si presentò il problema della organizzazione
giuridica delle popolazioni ex alleate. annesse alla cittadinanza. Marruvio
divenne municipio e non colonia; i due termini diffferiscono tra loro
non per la posizione che avevano all interno dello stato Romano, ma per
l'origine: le colonie erano città forndate dai romani e, come tali,
ne conservavano i diritti. I municipali invece erano città preesistenti
al dominio romano, alle quali erano stati concessi i diritti di cittadinanza.
I municipi, a loro volta si di stinguevano in due categorie: alcuni erano
amministrati da magistrati elettivi locali, altri da praefecti inviati
da Roma.
Questa diversita di condizione rendeva più difficili eventuali.
intese e coalizioni Era le varie communità contro Roma, fu sfruttata
dai romani come strumento di dominio secondo la nota massima *divide
et impera *(2)
Riportiamo la traduzione del testo del Ferique che ci fa conoscere l 'organizzazione
di Marruvio, govenato da magistrati elettivi locali: "nel I e II
secolo d.C. Marruvio era amministrata dai quadrumviri. infatti in due
lapidi ricorre spesso il nome di due dei quadrumviri. Di queste iscrizioni
ormai non resta più niente; una di esse è riportata da Hoare,
un'altra dal Febonio E'certo che la lapide fu letta malamente da questi:
infatti le colonie erano amministrate da due uomini, i municipi da quattro.
Del resto le iscrizioni ritrovate nel territorio stesso di Marruvio ricordano
i quadrumviri che duravano in carica cinque anni quindi certamente possiamo
concludere che in quella città ci fossero quattro uomini che avevano
il Potere esecutivo; e quattro erano edili (magistrati incaricati della
sorveglianza sulle costruzioni), in seguito l'amministratore di Mar ruvio
e di Alba elesse un vice dei quadrunviri, ad esempio, un certo Modesto
Paolino, appartenente ai patrizi, sorvegliante della città nei
giorni festivi, era anche questore urbano, edile, dell'agricoltura, pretore
nello stesso tempo dei quindici popoli dell 'Etruria` quindi amministratore
della repubblica e nello stesso tempo di Marruvio, amministratore della
via Tiburtina Valeria e del commercio. Nelle iscrizioni di Marruvio molto
spesso si fa menzione dei dacurboni e dei seviri augustali.
Inoltre sappiamo che in questa città come a Roma ci fosse il Campidoglio;
infatti un certo Ottavio Lena e il collega Cervario, quadrumviri quinquennali,
disposero con decreto dei. decurioni che la via dietro la chiesa di S.
Sabina si dovesse lastricare con denaro pubblico e certamente lo approvarono.
A volte si faceva menzione, di un mercato, a volte di bagni, altre volte
forse di chiese.
1)
Sclocchi Rosato opb --it. pag. 79-80
2) Grassi Cesare: L° Imperialsmo romano nelle testimonianze degli
autori latini, pagani e cristiani; peg. 16, case editrice D'anna Messina
Firenze 1973
Tra le persone più
importanti di questo municipio si devono recordare : Ottavia, Erennia,
Tettidia,Attilia, Vidia e Tizia, Infine nel libro coloniarum
il territorio di Marruvio è designato col nome di territorio dei
Marsi: "Marso". E' lecito che rimanga alla stessa consacrazione
il Municipio, tuttavia il suo territorio è stato assegnato con
legge Augustea in altri luoghi con tre confini, marittimi e montanio Il
suo territorio in altri luoghi è costituito da 200 iugeri, in verità
confina con i limiti selciati della Tiburtina e in altri documenti il
territorio confina con quelli Faleroniensi." (1)
1)
Fernique Emanuele: "Dt Regions Marsorum Thesim"pag.78 Lutetia
Pari si arum apud E. -~horin Hi-bliopolam et editorem MDCCCLXXX
Con il prosciugamento dei lago da parte
dell'imperatore Claudio si eliminò il pericolo delle inondazioni
e la città crebbe d'importanza, raggiungendo in quel periodo la
massima fioritura. Infatti il regolare passaggio delle acque attraverso
questo canale sotterraneo, ridusse l'ampiezza del lago e permise a Marruvio
di prosperare espandendosi anche nella parte lasciata libera dalle acque:
,
La maggior parte dei resti archeologici risalgono proprio a questo periodo;
la città ebbe edifici pubblici e privati: il Campidoglio, un anfiteatro,
un teatro, e forse una basilica, un Ginnasio con la palestra annessa,
le terme e una piscina con bagno:
Nel IV secolo dopo C. Marruvio era ancore in pieno sviluppo e il suo none
venne inserito nella tavola Peutingeriana,
dove si legge come la città era situata sulla strada che dalla
valle dell'Aterno portava al Fucino, dapo di Alba e prima di Cerfennia.
TAVOLA PEUTINGERIANA
( ..)1)
t)
La tavola peutingeriana consiste in una striscia lunga m. 5,80 e stretta
che raffigura tutto il mondo allora conosciuto, con lineamenti geografici
deformati vi è curats l'indicazione delle vie e dei luoghi .di
sosta con le relative distanze in miglia.
Con il declino dell'
Impero romano vennero a mancare i lavori di manutenzione dell'emissario
di Claudio,causando l'ostruzione del cunicolo e una conseguente rielevazione
del livello delle acque del Fucino L'inondazione che ne segui provocò
l'allagamento degli abitanti di vaste zone intorno a.Marruvio, essendosi
questa sviluppata nella zona prosciugata, rimase interamente allagata
e le continue inondazioni ne determinarono la decadenza.
Il Brogi, studioso della Marsica, esprime il seguente accorato rimpianto
per il prosciugamento del lago: "O acque Fucensi, trista era la fama
che di voi correva ! Ed è forse per questo che siete state si fattamente
punite da farvi sparire in tutto dalla faccia della terra? Voi, ornamento
d'ItaIia; riso della valle e dei circostanti monti non siete più!
la vostra bellezza i vostri pregi, i vostri benefici spariti per sempre
. Ahi ! Troppo severa fu quella mano che vi tolse. Che se grandi, ammettiamo,
fossero state le vostre colpe, non meno grandi certamente erano i vostri
meriti.
Perchè non trattarvi con equani mistà? Perchè? Ore
che tutte le membra del vostro corpo sono state denudate, e che avete
così la prove irrefracabile d'essere innocente di ingoiamenti di
città e di castelli; rinfacciati ai vostri detrattore le sofferte
calunnie e mostrate loro quanto ingiustamente loro vi punirono."
I1 Brogi quindi è contrario alla tradizione secondo la quale il
lago era lunica cause della decadenza di Marruvio. Infatti, ai danni arrecati
dalle continue inondaziani dal lago bisogna aggiungere quelle derivati
dalle invasione dei barbari che, con i loro eserciti, impervessavano lungo
la via Valeria e saccheggiarono ripetutamente la città, determinandone
la decadenza
Con la caduta dell'impero romano la città non conservò l'antico
nome, ma fu chiamata alternativamente Marsi, Marsia, Civitas Marsorum
e Valeria: forse per la difficoltà dei barbari a pronunciare Marruvium
Marsorum, o forse perchè la città era situate nella provincia
Valerie, una delle diciassette in cui fu divisa l'Italia da Adriano e
da Costantino
1)Tommaso
Brogi: " La Marsica entica, medioevale fino all'abolizione dei feuds°o
peg. 73
Rome Tipografia Salesiaria 1900
La voce Marsi o Marsia rimase intatta fino al XIII sec.; infatti lo stesso
Brogi afferma che i quattro placidi del. secolo X e XI, riportati per
esteso dalia cronaca Casauriense, si chiudono tutti con le parole "Actum
in Marsi".
Sul nome Valeria gli studiosi sono discordi. Il Brogi sull'esistenza della
città di Valeria cosi si esprime:" Valeria, città della
cui esistenza vari scrittori sono stati sostenitori senza nessun fondamento.
Affermano che sparito Marruvio, nel IV sec. di Roma secondo alcuni o nel
VI sec.secondo altri, sorse sulle rovine Valeria; e quando veramente sorgesse
è un punto in cui maledettamente discordano. Chi la dice edificata
nel 447 di Roma dal console Valerio Massimo, chi al tempo dell 'imperatore
Claudio (anno 43 -. 56 d.C.) e chi da Valeria figlia dell'imperatore Diocleziano,
il quale morì nel 312 d..C.... Quali distanze di tempo ha codeste
origini! Quale confusione! Affermano che fu città capo della Marsica
e che raggiunse tanta nobiltà e magnificenza da paragonarsi a Roma;
infine la sua scomparsa è da essi attribuita alla ferocia o dei
Goti o dei Longobardi, ovvero alla rapacità "solito ripiego"delle
acque del. Fucino".
Gli studiosi che affermano l'esistenza di Valeria si sono avvalsi del
passo di Anastasio il Bibliotecario, biografo di Bonifacio IV, dove si
legge che San Bonifacio papa fu Marsicano della città di Valeria
(Bonifatius, natione Marsorum, de civitate Valeria)
L'abate Ferdinando Pistilli nella "descrizione storico-filologica.,
delle antiche e moderne città e castelli esistenti a costo dei
fiumi Liri e Fibreno" conferma l'esistenza della città di
Valeria: "Questa città- afferma lo studioso- una volta fu
municipio dei Romani. Vi era il senato; vi erano dei ragguardevoli edifici,
come l'anfiteatro, e tutto ciò che poteva farla distinguere per
una città di considerazioni Ma oggi non si ravvisa affatto nelle
miserabili case, o piuttosto capanne di pescatori che vi esistono. Ne
ha, piu l'antico none di Valeria, ma il luogo chiamasi Murro o Murroni.
Ella diede il suo proprio nome alla strada Valeria,che Strabone chiamò
preclarissima ai pari della Latina e dell'Appia. (1
)
Gli studiosi che negano l' esistenza di Valeria, si rifanno all'Holstein
il quale dice: "puto barbarum scriptorem viam aut provinciam pro
civitate accepisse" e cioè che un barbaro copista abbia sbagliato
scrivendo "Valeria ai posto di Valeriae" facendo pensare erroneamente
che si trattasse della città principale della via Valeria.
Il D'Amato rimette tutto in di scussione affermando che I'Holstein dice
"puto barbarum scriptorem..." facendo quindi una supposizione
e non un affermazione vera e propria. Inoltre è da notare che tutti
i codici riportano "De Civitate Valeria " ad eccezione del C3
del Liber Pontificalis, dove è scritto "Valeriae" al
genitivo. Si tratta però di un unico codice e per di più
pieno di errori ,grammaticali. come si legge in "Le Liber Pontificalis"
del Duchesne: " I'hortographie en. est-elle particulierment defecteuse".
La questione rimane ancora aperta e fonte di discussions per gli studiosi
11)
Brogi Tommaso op. cit. pag. 71
1 ) Pistilli Fe-din,.ndo: "Descrizione storico-filologica delle artiche
e moderns ci ttA e castelli esistenti accosto del fiumi Liri e Fibreno'°
pag.157 Napoli Stamperia Francese 'MDCCCXXIV
2) L'Abbe L. Duchesner "Le Liber Fontificalis" pag.131 Paris
1386, p. CXCI
Quando si intensificarono le invasioni
dei Goti, la Marsica, per la sua posizione vicino a Roma, fu percorsa
da eserciti stranieri imperversanti lungo la via Valeria, fino al punto
di ridurre le popolazioni locali in uno stato di completa indigenza. Con
la scomparsa dei Goti la Marsica, come tutta 1'Italia, attraversò
un periodo di relativa tranquillità, ma nuove disgrazie 1'attendevano;
infatti nel 563 ci fu l'invasione dei Longobardi guidati da Alboino.
Sotto il dominio di questi scomparve il mondo romano e sorse il feudalesimo:
Alboino divise le terre in feudi, cui diede il nome di ducati, all'interno
dei quali si costituirono feudi minori: gastaldie, contee, ecc.
Poche notizie si hanno in questo periodo della Marsica, che divenne una
gastaldia del ducato di Spoleto; né è da meravigliarsi perchè
questo fu un periodo oscuro per tutta l'Italia oppressa dai barbari che
distruggevano ogni cultura
Carlo Magno distrusse il dominio dei Longobardi e donò il ducato
di Spoleto al Papa, che lo affidò ai monaci di Monte Cassino.Nel
"Chronicon monasteri Cassinensis" di Leone Marsicano, nativo
di Marsia, si narra che ''nell'anno 926 Ugo conte o duca di Provenza detto
anche re D'Arles, venne a Milano a incoronarsi re d' Italia... e ch' era
con lui Attone conte, suo congiunto e, zio materno d'un Berardo denominato
Franciscus, il quale fu stipite dei conti dei "Marsi". Infatti
Berardo ottenne da papa LeoneVl , fra gli altri domini, i. fedi fucensi..
I Conti dei Marsi non riuscirono ad arginare una nuova. invasione da parte
dei. Normanni i quali volevano dominare la Sicilia e tutta l'Italia meridinonale.
Con la venuta dei Normanni i conti presero il nome dal Castello dove fissarono
la loro dimora; così Rainaldo,discendente di Berardo prose il nome
di Conte di Celano.
Dall'anonimo Cassinese sappiamo che i Normanni. si impadronirono del tesoro
della chiesa di Santa Sabina costituito, fra gli altri oggetti di valore,
anche di un ciborio e di una croce d'argento.
Gli abitanti di Marsia, terrorizzati dalle continue violenze e rapine
si rifugiarono in l'uoghi più sicuri: il Vescovo e il Clero scelsero
come sede Pescina, "per sito e mura la più munita" 1)
SclocchiRosatostoria
dei Marsi dall'età più antiche al, 1911 _pag 63 L'Aquila
1914
Nominalmente la sede vescovile rimase a
Santa Sabina per altri 400 anni.Vi si recava il Vescovo per celebrare
le maggiori festività dell'anno; il clero vi ritornava nei periodi
di bonaccia,per amministrare i possedimenti ecclesiastici situati intorno
alla cattedrale.
In uno di questi periodi fu costruito un nuovo Episcopio che risale al
1300. I pochissimi abitanti che non ebbero la possibilità di trasferirsi
a Pescina o in altri centri, si raggrupparono nel punto piu rilevato,
dove Bonifacio IV, ivi nato ed eretto papa dal 608 a1 615, aveva trasfomato
la sua abitazione in monastero benedettino con la chiesa di S.Benedetto
in Civitate. Quei pochi e squallidi tuguri non conservarono il nome di
Marsia, ma furono chiamati col nome del Santo della chiesa e del convento.
Da qui il nome di San Benedetto dei Marsi che rimase anche quando il numero
dei ci ttadini crebbe e il centro si sviluppo notevolmente
Nel 1569 il vescovo Matteo Colli, insieme al clero e ad alcuni cittadini
di Pescina si rivolse al Papa Gregorio XIII per il trasferimento definitivo
della sede vescovile da Santa Sabina alla chiesa di Santa Maria delle
Grazie a Pescina, in quanto questa chiesa era adibita a cattedrale da
oltre 400 anni.
Il Papa con la Bolla del 1/1/1580 autorizzò il Vescovo a risiedere
a Pescina fino a quando la città e la cattedrale di Santa Sabina
non fossero state riedificate. A questo proposito il Lopez afferma: "il
Vescovo non assunse il titolo di Vescovo di Pescina, ma conservò
1'antica denominazione di Vescovo dei Marsi".
1 )
La sede vescovile non tornò più a Santa Sabina poiché
dopo il terremoto del 1915 venne trasferita definitivamehte ad Avezzano.
Il matrimonio tra Costanza d'Altavilla, erede del regno Normanno, ed Enrico
VI di Svevia, porta all'unione dei due regni con la nascita di Federico
II affidato alla tutela di papa Innocenzo III.
Federico II si interessò alla riapertura dell'emissario Claudiano
con 1'ordine del 20 aprile 1240.
Sotto tale re si hanno notizie della "Civitas Marsicana": infatti
a proposito delle riparazioni da apportare ai castelli del regno, ordinava
che quello di Pescina ne fosse riparato "per homines
ipsius terre cum pertirnentis suis; possunt tamen adiuvare, licet non
teneantur,civitas marsie,Veneri et Vigu que sunt convicine
2)
1) Celani Enrico:Una
pagina di feudalesimo,pag3 città di Castelii 1893
2°Di Pietro Andrea:,sulle principali antichità marsicane pag.
32 (l'Aquila Tipografia aternina)
La morte di Federico II e la tragica fine
di Corradino di Svevia (1270) determinarono la caduta della casa Sveva
e l'avvento degli Angioini con Carlo D'Angio. Nel 1269 dominava in Celano
la famiglia d'Artois, venuta in Italia con la casa d'Angiò.
Contemporaneamente a Pescina troviarno la famiglia provenzale del Balzo.
Il canonico Di Pietro riporta una lite sorta fra il vescovo e Ugone del
Balzo, padrone del castello di Pescina; quest'ultimo non voleva far riparare
"la stabile arginazione con la quale si prendevano le acque del
fiume di Pescina, e si portavano ad animare il mulino della chiesa Marsicana,
costruito nella contrada di Civitas".(1)
1) Di Pietro Andrea: sulle principali antichità
marsicane pag.32 L'Aquila "tipografia aternina
La lite si concluse con una "traslazione",
con la quale il vescovo pagò ad Ugone 20 once d'oro ottenendo in
cambio la facotà di ricostruire l'argine ogni qual volta si rovinasse.
Non si hanno più notizie della Civiitas Marsicna fino al 1463,
anno in cui avvenne 1'investitura dello Stato di Celano ad Antonio Piccolomini.
Il testo dell'investitura dello Stato di Celano a Piccolomini da parte
di Ferdinando d'Aragona riporta tutti i castelli e feudi esistenti nella
provincia Aprutina fra cui la "Civitatem Marsicanam dirutam"
. (1)
1)Di Pietro Andrea: sulle principali antichità
marsicane pag.32 L'Aquila "tipografia aternina
Nel testo di vendita dei feudi di Celano
(1591) da Alfonso Piccollomini a Donna Camilla Peretti ritroviamo la seguente
suddivisione: "terra Celani, baroniam Piscina sitam in eadem provinciam,
consistentem in subscriptis alis terris et locis videlicet; Piscina,civitatem
marsicana dirutam, Aschi, Venere, Cuculli, Lecce, Gioia, Bisegna, Santo
Sebastiano, Ortucchio et Sperone... ".
Come si può notare tra questi documenti "Civitas Marsicana.
diruta" faceva parte della Baronia di Pescina, nella tabella, riportata
da Enrico Celani, si trova la popolazione di tutti i feudi fra cui Pescina
e non Civitas Marsicana. Per oltre due secoli San Benedetto dei Marsi
non ebbe modo di affermarsi e quindi di farsi notare dagli storici, essendosi
mantenuto un oscuro villaggio di umili pescatori.
Le frequenti escrescenze del Fucino ( nel 1570 1'acqua si era alzata più
di otto metri ) arrecavano danni considerevoli alle abitazioni e alle
vite umane inducendo gli abitanti del centro ad escogitare mezzi per porvi
riparo.
Il Brogi in una memoria letta al Real Istituto d'Incoraggiamento alle
scienze naturali di Napoli 1'8 gennaio 1816 così descrisse la miseria
delle popolazioni del centro: "S. Benedetto è privo di
due terrzi dell'abitato e trovasi nell'evidente e prossimo pericolo di
perdere 1'altro terzo senza che vi rimanga orma della sua esistenza.,
La Chiesa di questo villaggio, che fu una volta la casa di S. Bonifacio
IV papa, regnante nell'anno 607 e,indi dal medesimo convertito in tempio
consacrato a Dio, è situa vicino al lago, i suoi abitanti affermano
per certo che nel corso di un anno possa rimanere somrrersa nelle sue
acque." (1)
1 } IL FUcino, pag. 106,Ivana Editoriale
d'Arte.
I1 1870, anno del grosciugamento del lago del Fucino, rappresenta una
data fondamentale per S. Benedetto dei Marsi come per tutti i centri della
Marsica. Quegli abitanti, da pescatori dovettero trasformarsi in operai
bonificatori e in agricoltori ma erano già esprti nei lavori dei
campi poichè da sempre avevano praticato l'agricoltura nei terreni
fertilissimi intorno al Giovenco.
Durante i lavori di bonifica, S. Benedetto fu sede di cantieri, magazzini
e case per gli operai, grazie alla sua posizione ai margini della pianura.
Quando il principe Tarlonia concesse in fitto i terreni ai contadini,
gli abitanti di S. Benedetto ebbero estese zone da coltivare, ma essendoci
carenza do manodopera, ci fu una immigrazione da parte di agricoltori
di altre zone,soprattutto dal pescarese, che moltiplicarono notevolmente
il numero degli abitanti.
Si venue a formare una popolazione eterogenea, priva di sentimenti e tradizioni
comuni.Ciascuna famiglia pensava esclusivamente a sè stessa ed
ai propri interessi, senza curarsi delle altre, alle quali non la legavano
vincoli di parentela, di amicizia o di stima reciproca che sono elementi
fmndamentali di vita di una collettività.
Naturalmente queste condizioni essenziali alla formazione di una Civiltà
sorsero e si affermarono con la prima generazione nata sul posto, e si
consolidarono sempre più con l'andare del tempo, largamente favorite
dalla notevole agiatezza conseguita dai diversi nuclei familari.
AUTONOMIA COMUNALE DEL CENTRO
Con l'unificarsi dell'Italia S. Benedetto dei Marsi venne aggregata come
frazione al comune di Pescina che era il centro più vicino e col
quale gli abitanti avevano comunanza di origini.
Ma il centro si andava sviluppando e gli abitanti ribadivano la necessità
di ottenere l'autonomia comunale.
Cominciarono così a sorgere le lotte che caratterizzarono il periodo,
compreso tra l'unificazione e il 1945,anno in cui S. Benedetto ottenne
l'autonomia a lungo desiderata, e che prima non aveva potuto ottenere
perchè in base alle leggi emanate dal governo nel 1860, un paese,
per costituirsi comune autonomo, doveva raggiungere almeno 4000 abitanti
e avere mezzi sufficienti per sostenere le spese comunali (art.
15 legge comunale provinciale allegato A appovato con R Decreto del 20
marzo 1865 n°2243).
Ma S. Benederro, tanto nel 1870 che per moltissimi decenni successivi,
non raggiunse tale numero di abitanti e conseguentemente non potè
avanzare alcuna pretesa.
Le cose cambiarono quando fu pubblicato l'art.33 del T.U. della legge
comunale e provinciale approvato con R.D. del 3 marzo 1934 n°383,
nel quale articolo veniva scritto:"le frazioni che abbiano 3000 abitanti
e mezzi sufficienti per provvedere adeguatamente ai pubblici servizi possono
costituirsi in comuni distinti, quando ne sia fatta domanda da un numero
di cittadini che rappresentino la maggioranza numerica dei contribuenti
delle borgate o frazioni."
S. Benedetto già negli anni 1907-1908 aveva raggiunto il numero
di 4000 abitanti, ma avvenimenti più importanti come il terremoto
e la guerra del 15/18 presero il sopravvento mettendo da parte le piccole
e meschine rivalità.
Anche durante il periodo fascista la situazione rimase la stessa, soltanto
i1 25 ottobre 1945, come abbiamo già detto, il paese raggiunse
l'autonomia.
DAL 1945 AI GIORNI NOSTRI
Finita la guerra altri problemi assillavano
la Marsica: le terre di proprietà dei Torlonia erano state abbandonate
e mal coltivate; la fame e la disoccupazione dilagante furono alla base
delle agitazioni dei contadini.
Queste lotte, che caratterizzano un periodo storico, misero fine al Principato
di Torlonia e, con
l'istituzione della Legge Stralcio, venne affidata agli Enti di Riforma
(Ente Fucino) la soluzione dei problemi del latifondo. Con la riforma
vennero assegnate ai contadini dei terreni (20 coppe = 1ha), dei quali
sarebbero divenuti proprietari dietro il pagamento di un riscatto trentennale
(1952-1982).
Nonostante ciò il fenomeno della disoccupazione era ancora presente
e l'Ente, per sbloccare tale situazione, promosse il trasferimento di
famiglie di braccianti nella Maremma Laziale e Toscana, dove assegnò
loro dei poderi; allestì inoltre cantieri di lavoro in Italia e
all'estero, e ci fu una considerevole emigrazione soprattutto verso le
miniere dell'Australia.
Inizia così la rinascita del Fucino grazie al lavoro volenteroso
dei contadini, al miglioramento delle tecniche agricole e soprattutto
alla meccanizzazione.
S.Benedetto dopo la distruzione completa del 1915 aveva acquistato l'aspetto
di un piccolo borgo; il terremoto infatti aveva cancellato i resti di
quella che fu un'antica civilità. All'antico si sovrappose il nuovo
abitato: di fronte alla chiesa di S. Sabina, per il ricovero dei terremotati
furono costruite baracche che ancora oggi, dopo aver subito degli ammodernamenti,
sono abitate. Itorno a queste, subito dopo, grazie agli aiuti di Enti
o Istituti per le case popolari e alle accresciute possibilità
economiche degli abitanti, sorsero numerose e nuove abitazioni.
Nella parte sud del paese le abitazioni vecchie sono state ristrutturate
e ancora oggi è possibile vedere tracce di antichità: stradine
strette, vicoli ciechi, case in pietra. La fascia di moderna espansione
edilizia si è sviluppata lungo le zone periferiche del Paese.
Passiamo ora alla divisione della popolazione in settori produttivi: la
percentuale attiva in acricoltura è ancora elevata; mentre sono
scomparse attività complemenari tra cui la pastorizia che un tempo
rappresentava una integrazione al reddito agricolo degli abitanti. Sono
subentrate altre attività , quali il bracciantato e i lavori edili.
Recentemente appena fuori. il paese, si è insediata una fabbrica
che avrebbe dovuto essere di trasformazione dei prodotti aqricoli della
zona e che avrebbe potuto dare occupazicne a molti giovani, ma che in
realtà si è dimostrata una"cattedrale nel deserto"
apportando soltanto delusione e malcontento, poichè la trasformazione
non riguarda i prodotti agricoli locali ma prodotti estranei alla nostra
zona ( gelati, pomodori) e non assicura ai pochi operai assunti un lavoro
continuo.
Essendo le condizioni economiche abbastanza fiorenti il paese si è
dotato di tutti i servizi socio-sanitari e ricreativi:sono negozi di svariato
genere,bar,ristoranti,cinema,discoteca,albergo, farmacia , ambulatori
medici,chiese,scuole,asili , servizi postali e bancari.
Anche la rete stradale è sviluppata e la comunicazione con altri
centri avviene tramite un servizio regionale di autolinee.
DA MARRUVIUM A SAN BENEDETTO DEI MARSI
promosso dalla COMUNITA' MONTANA "VALLE DEL GIOVENCO"
gruppo di lavoro : Assetta Maria Antonietta; Ciofani Teresa;
Cordischi Antonietta; Giocondi Ada; Letta Fiorella.; Parisse M. Laura;
Tirabassi Antonio.
Ha collaborato la D.ssa Di Cioccio Lucia
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