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CENNI SULLA SIMBOLOGIA NELLE MONETE
(Impero)
Sormontando i simboli, rappresentati nelle monete antecedenti a questo
periodo, che erano pochi e sempre gli stessi: l’ancora e la ruota
del sole, la doppia cornucopia, rami di palma e fiori, una vera svolta
si ha a partire 37 a.C., con l’avvento di Erode. Egli fu chiamato
il grande ed eresse ovunque splendidi edifici alla gloria sua e dei Romani.
Il conto fu pagato dal popolo che gli dominava, sfruttandolo ed immiserendolo.
Tuttavia, Erode dovette accontentarsi di coniazioni in rame, sebbene introducesse
anche pezzi di dimensioni e di valore maggiori. Come gli Asmonei, anche
Erode ed i suoi successori si attennero al divieto biblico di rappresentare
uomini ed animali.
I dieci comandamenti prescrivono difatti agli Ebrei: (Non ti farai scoltura
né rappresentazione alcuna di quel che è lassù in
cielo, o quaggiù in terra o nelle acque sotto terra).
Secondo libro di Mosè, 20,4.
Il comandamento era diretto a prevenire l’idolatria, però
non fu tramandato ai posteri alcun ritratto di Erode.
Tre spighe d’orzo e ombrello sopra una moneta di
Erode.
Erode morì nel 4 a.C., ai tempi di Augusto. L’imperatore
sequestrò la terra, s’impadronì del territorio del
suo vassallo e regnò direttamente per mezzo dei suoi fidi luogotenenti,
i procuratori. La loro sede fu la città di Cesarea, porto fondato
da Erode a meridione della città di Haifa. Così ebbe inizio
un governo corrotto e nefasto che, per i suoi eccessi, stupì persino
i Romani, abituati al peggio. Il più noto dei procuratori fu o
divenne, naturalmente Ponzio Pilato. Fu durante la sua carica (26-36)
che ebbe luogo la Crocefissione.
Già i predecessori di Ponzio Pilato, a cominciare dal procuratore
Caponio (6-9 d.C.) avevano coniato monete e cioè piccoli pezzi
di bronzo del tipo di quelli già in corso. Le iscrizioni di queste
monete sottolineano il dominio dell’imperatore della Giudea, ma
per quel che riguarda le raffigurazioni e i simboli, si aveva avuto riguardo
di non offendere le tradizioni ed i sentimenti della popolazione locale.
Sotto Augusto vennero rappresentate una spiga d’orzo e una palma;
sotto Tiberio, per quasi due decenni, fino a Ponzio Pilato, si ebbero
la cornucopia, un ramo, la corona, il giglio, il nappo, l’anfora
ed il nome TIBEPIOY, con la data infine LIA; cioè undicesimo anno
del suo governo, ovvero 24-25 d.C.. Nel 26 d.C. ebbe iniziò il
periodo di Ponzio Pilato, del quale sono conosciute tre monete, recanti
la data LIG, LIZ, e LIH, cioè degli anni sedicesimo, diciassettesimo,
diciottesimo di governo dell’imperatore, corrispondenti agli anni
29-30, 30-31, 31-32 d.C.. Ponzio Pilato cominciò la sua monetazione
con una provocazione ben consapevole. La prima moneta mostra anteriormente
tre spighe d’orzo con l’iscrizione IOYAIA.
Sul retro si sottolinea ancora una volta chi è il vero padrone
del paese, cioè TIBEPIOY e si raffigura un “simpulum”,
strumento sacrale del culto imperiale, vaso liturgico che veniva usato
a Roma per le offerte di vino durante i sacrifici e che era il sego distintivo
del Pontefice. Ma non è tutto, nei due anni successivi si ha un
nuovo gesto: a ulteriore provocazione consapevole del popolo appare in
queste monete di Ponzio Pilato il “lituus”, bastone ritorto
dell’imperatore, nella sua qualità divina, spesso anche segno
distintivo di auguri. (Sebbene in seguito sotto gli imperatori Claudio
e Nerone, la situazione peggiorasse nel paese, la sfida contenuta nelle
monete dei procuratori venne a cessare. Le figure si limitarono infatti
alla corona, al ramo di palma, alla palma, o, motivo nuovo, allo scudo
ed alla lancia incrociati).
All’epoca di Tiberio risale pure la moneta di cui è fatta
parola nei Vangeli (Matteo 22, 19), il denaro recante l’effige dell’imperatore,
cioè la moneta del tributo: “Mostratemi la moneta del tributo”.
Ed essi gli presentarono un denaro. E Gesù disse loro”: Di
chi è questa immagine e questa iscrizione?” Gli risposero:
“Di Cesare.” Allora Egli disse loro: “Date a Cesare
quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”.
Un denaro romano rappresentava allora una somma (inteso come quantità)
di siclo fenicio e successivamente ebraico. Un denaro era il soldo giornaliero
di un legionario romano ed il salario di una giornata di lavoro.
Denario d’argento con effige di Tiberio 14-37 d.C.
Siclo d’argento della I guerra giudaica contro Roma
66-70 d.C.
Durante la prima guerra contro Roma, dei giudei, fecero come prima apparizione
le monete giudaiche, monete indipendente e sovrane, pezzi inoltre di rara
bellezza. Vennero coniate in ciascuno dei cinque anni che durarono la
guerra e la libertà, e sono contrassegnate da 1 a 5, e cioè
dal 66 al 70 d.C.. Sulla faccia anteriore recano un nappo, oggetto di
culto con l’iscrizione: un siclo di Israele (o mezzo siclo) e l’anno.
Sul retro mostrano la mela granata e l’iscrizione: Gerusalemme la
Santa.
Per la prima volta si ebbero monete d’argento da un quarto di siclo,
mezzo siclo e un siclo, corrispondenti a una, due e quattro dramme o denari.
Il disegno e la tecnica di queste monete raggiunsero un livello elevato.
Sono pure giunte fino a noi monete di bronzo degli anno 2, 3, e 4 delle
solite dimensioni.
Siccome la legge religiosa vietava le riproduzioni di uomini e di animali,
la possibilità di una espressione formale restava alquanto limitata.
Monete aree non se ne ebbero neppure durante questo periodo di indipendenza,
non certo per mancanza di metallo giallo, che tra l’altro il tempio
ne era colmo.
Giuseppe Flavio riferisce che dopo la conquista di Gerusalemme, la distruzione
ed il saccheggio del tempio, il bottino d’oro fatto dai legionari
fu così ricco, che il prezzo del metallo cadde in Siria della metà.
Perché lo stato giudaico non coniasse monete d’oro, rimane
una domanda senza risposta.
Vinta, disperata, dissanguata, la Giudea non riusciva pur tuttavia ad
adattarsi al gioco romano. Rivolte scoppiarono negli ultimi anni dell’Impero
di Traiano (già citato). Negli anni dal 132 al 135 la lotta eroica
e senza speranza fu condotta da Bar Kochba. Ancora una volta le perdite
romane furono enormi e tanto più aspra la rappresaglia esercitata
sui Giudei vinti…… . Le coniazioni di quegli anni eroici rimangono
la pagina più bella della storia della monetazione ebraica: monete
di rame, d’argento, ma nessuna d’oro.
Le iscrizioni celebrarono la resurrezione e la liberazione di Gerusalemme.
Le figure mostrano il tempio con il tabernacolo ed i rotoli della legge,
strumenti liturgici e musicali, grappoli d’uva, rami e l’albero
della palma. Le iscrizioni dicono all’incirca: Gerusalemme; per
la libertà di Gerusalemme; primo anno della liberazione d’Israele;
secondo anno di libertà d’Israele.
Tetradramma d’argento della II guerra giudaica contro
Roma sotto Bar Kochba 132-135 d.C.
Venario d’argento con trombe del tempio, con grappolo
d’uva e con lira
Dalla storia della terra Santa fanno pure parte le monete battute a Roma
per celebrare la sconfitta degli Ebrei e quello che fu il più grande
trionfo romano. La lotta ostinata della potenza mondiale romana contro
l’indomabile popolo giudeo, aveva avuto una risonanza eccezionale.
Roma vantò molte vittorie, ma poche furono altrettanto costose.
Il trionfo che se ne celebrò fu proporzionalmente grande. I Romani
furono sempre maestri della propaganda all’interno ed all’esterno
e la monetazione fu il mezzo da loro preferito a questo fine. Infatti,
le vittorie degli eserciti romani, furono spesso celebrate ed annunciate
al mondo interno su monete ed attraverso le monete. Tuttavia, nessun’altra
vittoria fu così ampiamente sottolineata dalla coniazione di monete
ed esaltata presso i contemporanei con figure ed iscrizioni in oro, argento
e bronzo, in latino e greco.
Le iscrizioni, nella concisione romana, rimasta ineguagliata, annunciavano
con lapidaria semplicità IUDEA, DE IUDAES o DEVICTA IUDEA, o più
presto, IUDEA CAPTA. Quest’ultima è la denominazione corrente
che ricorre spesso nella monetazione a partire dal 71 d.C.
Sesterzio che rappresenta la Giudea vinta 71 d.C.
Una palma, simbolo della Giudea, e sotto, incatenata ed in lutto, la
Giudea stessa, allegorica rappresentazione del popolo vinto; spesso vicino
a questa figura, quella dell’imperatore trionfante.
Per tutto un decennio viene proclamata la vittoria degli imperatori Vespasiano
e Tito in diverse varianti del tema. L’esultanza trionfale degli
imperatori della casa Flavia e del mondo romano per questa vittoria sull’ostinato
popolo ebraico dovette essere smisurata. Tuttavia, 65 anni più
tardi, Adriano vinse e tacque. Può quindi apparire come una revisione
storica non priva di potenza simbolica, il fatto che il rinnovato e risorto
stato di Israele abbia ripreso proprio questo motivo.
Infatti Israele conia nuove monete correnti rifacendosi ai suoi antichi
esempi di due millenni or sono. Anzi per il decimo anniversario della
fondazione, il nuovo stato ha coniato una medaglia commemorativa di quella
tragica sconfitta, di quello che parve un tramonto definitivo.
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